La Juventus è divenuta la «tiranna», domina dall’alto di una consistenza che sembra inavvicinabile: però il Napoli è stato in grado di farla soffrire, eccome, le ha conteso uno scudetto da vicino nella passata stagione, le è stata incollata sino ad aprile tre anni fa, e poi è rimasto eternamente nel ghota, s’è schiuso le porte della Champions, secondo il CdS, quando non ha potuto quelle dell’Europa League. Ha inseguito i propri sogni, attraverso un Progetto umanamente sostenibile, senza risparmio, senza spreco, senza rinunce. «E comunque il problema rimane il fatturato: avessimo quello di società della Premier o della Bundesliga… Ronaldo, ad esempio, fa la differenza, non c’è dubbio. Ma…». Ma per combatterlo serve la forza delle idee, che vanno fuse e che De Laurentiis ha mescolato con quelle di Ancelotti, il nume tutelare di quest’epoca che proietta nel futuro e un po’ riconduce, attraverso messaggi subliminali, nel recentissimo passato di Sarri che qualche rigurgito d’acidità l’ha lasciata. «Quando cambi un allenatore e lui con grande onestà intellettuale vuole capire le reali capacità di ogni singolo calciatore, è chiaro che poi deve farli giocare. E nel conto, devi inserirci anche imprevedibili variabili: per esempio, che se sfrutti un sistema diverso da quello che nelle ultime stagioni ti ha pur regalato emozioni, il rischio di qualche sconfitta va contemplato».
La Redazione