Perchè la pazienza ha un limite e ci sono attimi del proprio vissuto in cui è lecito (o semmai può diventare strategico) contorcersi dal “dolore”: duecentonovantasei presenze e settantasei reti restano lì, scolpiti nella Storia, ma il passato finisce spesso per essere spazzolato sotto al tappetino, che Napoli arrotola e sistema a bordo campo. L’Insigne day, ahilui, come riporta il CdS, non è mai riservato ad una celebrazione – e fosse per un gol, per uno di quei capolavori che addobbano la personalissima galleria, per la doppietta nella finale di coppa Italia, per il tap in che serve per sbarazzarsi del Liverpool, per il rigore al Psg – ma è un manifesto che s’allunga ormai ciclicamente in questa “guerra e pace” tra spifferi “d’intolleraza”, una allergia che lo scugnizzo avverte a pelle e che a Reggio Emilia con il Sassuolo, domenica sera, al termine di una serata diciamo pallida e però poi arricchita con il gioiello del pareggio, ha sintetizzato uno stato d’animo: «Io vengo sempre criticato. Sono l’unico che viene preso di mira quando non segna, quando è protagonista di una prestazione di non altissimo livello, e questa cosa mi fa un po’ male. Ma io vado avanti, cerco di lavorare duramente per crescere e per migliorarmi. Forse il mio messaggio non è arrivato chiaramente alla gente: io a questa maglia tengo e finché sarò qui, darò sempre il 100%».
La Redazione