Ciccio Marolda: “Bisogna correre sino a Baku”

L’opinione di Francesco Marolda sul CdS:

“Quello che ci voleva. Anzi, che era necessario dopo la malanotte con la Juve. Altro che Napoli deluso e con l’entusiasmo sotto i piedi! Non è stato così e tra le tante ragioni ce n’è una che le batte tutte: la coscienza che il Napoli ha di giocarsi tutto il presente e parecchio del futuro con questa coppa che sino ad oggi è stata una mezza scampagnata, ma che dai quarti in poi diventerà una cosa seria. Certo, c’è una partita intera ancora da giocare e il Salisburgo soprattutto in casa è squadra che sa farsi rispettare, ma con i gol e con il gioco il Napoli ha messo già le cose in chiaro. E poi c’è questa storia dell’Europa salva-tutti che non può essere tradita. Perché ormai è attorno a questa Coppa che girano e si rincorrono tutti i ragionamenti e tutte le domande. Una in particolare: dopo il più noioso (incredibile ma vero) dei secondi posti in campionato, dopo l’uscita amara assai dalla Champions League e la colpevole, quella sì, cacciata dalla Coppa Italia dove deve arrivare il Napoli in Europa per rimettere in piedi la stagione, per trasformare un anno che sa di tappo in una grande annata? Ebbene, qui viene il difficile. Da un sondaggio un po’ approssimativo – questo è vero – eppure fortemente indicativo delle attese della gente, infatti, viene fuori che solo la finale avrebbe il valore d’un risarcimento accettabile per chi da troppo tempo aspetta una notte di trionfo. Proprio così: al Napoli non viene concesso un piano b, una via di fuga, un’alternativa. E’ un pensiero complicato, ingiusto, rischioso, pure cinico se si vuole, ma la “colpa” è del Napoli soltanto. Sì, perché da troppo tempo vive d’applausi e di consensi, di geometrie divertenti e grandi numeri per continuare ad andare in bianco. Ecco: questo la gente azzurra del pallone non lo regge più. Vuole vincere qualcosa. Sente di averne il diritto, addirittura. Se l’aspetta. Del resto al di là d’ogni scomodità, non è forse questa la ragione numero uno della mezza desertificazione dello stadio? Eccola, allora, la grande responsabilità del Napoli. E del suo allenatore. Di don Carlo, il quale ha conquistato, sì, la città con la sua simpatia e il suo mestiere, anche la sua intellettuale trasparenza, non v’è dubbio, ma al quale manca ancora la “corona” per diventare re. Foss’anche soltanto re di Fuorigrotta. Di qui l’obbligo di passare a fine maggio per Baku, che è pure città amica. Tant’è che è gemellata con Napoli per la bellezza e la somiglianza del suo golfo”. 

 

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