Qual è la verità, ammesso che ne esista poi una soltanto? E si può restare sospesi su un ponte, a cercarla osservando il futuro, però tenendosi dentro anche quel filo d’amarezza che t’ha segnato, strappandoti per un attimo il respiro. «Perché qui, ahimè, conta solo vincere». E bisogna farsene una ragione, evitando di perdersi nella sublimazione della ipocrisia, altrimenti arriveranno i giorni in cui sarà poi difficile, quasi impossibile, difendersi dai rigurgiti d’un esercito oltranzista che allungherebbe una mano ad Ancelotti, pretendendo qualcosa, fosse anche una «coppetta» – la chiamavano così una volta – che dìa senso alla propria esistenza. «Ma il Napoli ha già una sua identità che è diventata un modello: è lì, tra le Grandi, e ci è rimasto perché non ha venduto il meglio dei calciatori a disposizione. Li ha tenuti, li ha custoditi». E stasera, affinché non ci fosse spreco di talento, li rilancerà in questa prima tranche d’un vissuto da abbellire regalandosi emozioni: Napoli-Salisburgo è la cartina di tornasole d’un anno vissuto (a tratti) deliziosamente in questo calcio che si sta rielaborando, che insegue un’idea faticosamente speciale che si chiama Europa League: «E’ una gara difficile, contro una squadra che gioca in verticale, che avrà ritmo ed andrà affrontata con intelligenza per indirizzare la qualificazione, in vista poi della gara decisiva della prossima testa». Fonte: CdS