L’eccezione che conferma la regola del turnover di Carletto ha un nome: Koulibaly. Sempre in campo, e sempre dall’inizio alla fine, salvo imprevisti: tipo l’espulsione con l’Inter a San Siro nel tragico Boxing Day passato alla storia per la morte di un tifoso nerazzurro e per la vergogna dei cori razzisti contro Kalidou. Proprio lui: che se in preda alla rabbia non avesse applaudito Mazzoleni e rimediato il rosso, e due beffarde giornate di squalifica, forse deterrebbe ancora il primato dell’epoca: di calciatore più impiegato d’Europa. Poco male. Anche perché c’è di meglio: le sue straordinarie prestazioni e l’impressione concreta che oggi sia lui, il miglior difensore del mondo.
DA RECORD. E allora, il gigante che ricorda Thuram. Già, Koulibaly è un vero colosso: per quello che riesce a fare e soprattutto per come è riuscito a toccare certe vette. Attraverso un lavoro pazzesco che, rispetto ai primi tempi fatti di strapotere fisico ma anche d’incertezza tecnico-tattica (2014), in pochi anni ha consegnato al calcio un giocatore semplicemente straordinario. Un campione che De Laurentiis ha blindato con un contratto super, senza clausola rescissoria, che lo United ha provato invano ad acquistare ai tempi di Mourinho offrendo 95 milioni di euro: sarebbe stato il difensore più pagato della storia. E dunque è già da record.
CACCIA AL GOL. Da primato è anche la sua stagione: altissimo livello, costantemente, e l’etichetta d’imprescindibile di Ancelotti. Gioca sempre, coppe e campionato, e sempre dal primo all’ultimo istante: 33 presenze e 2.961 minuti (fuori in campionato all’81’ con l’Inter, causa espulsione, e poi con il Bologna e la Lazio per squalifica). Il cruccio stagionale? Il gol, questo sconosciuto, a fronte dei 5 di una stagione fa. L’ultimo dei quali con la Juve: il famosissimo.
Fonte: CdS