Non è una questione solo di moduli, può esserlo invece di uomini: il tecnico Ancelotti ha avuto attaccanti del calibro di Ibra, Ronaldo, Drogba e Lewandowski.
Non si vive nel ricordo e neppure nel rimpianto: e ce ne sono di frammenti della memoria, sono freschi, che restano lì, incollati alla coscienza del Napoli, e racchiudono un istante, breve e perfido, in cui la gioia è divenuta inganno. Basterebbe scorgersi dietro, uno sguardo al Torino e un altro alla Fiorentina e via, per andare a scoprire che la capriola d’una felicità incontrollabile è divenuta un ruzzolone nell’oblio: ed è una sequenza che lascia una cicatrice nella classifica e persino nel morale, trasforma il sorriso in una smorfia e scuote la serenità interiore di Ancelotti che non ama perdersi «nei se e nei ma» della routine. La matematica resta una subdola opinione che riduce ventisei tiri in zero gol e trasforma la partita con il Torino in un arido soliloquio: ci vorrebbe un alchimista per sistemare questa vicenda oppure qualcuno che vada un po’ a scuola nel passato di Ancelotti, abitato da supermen ingombranti, che però hanno interpretato lo spartito suggerito senza batter sopracciglio da Sua Maestà. Fonte: CdS