Marolda: “Se non transizione, chiamiamola, almeno, trasformazione…”

La domanda sorge spontanea, avrebbe detto qualcuno qualche anno fa…Transizione sì, transizione no, transizione forse…Ciccio Marloda sulle pagine del CdS:

“Ma questo è un anno di transizione, oppure no? Ancelotti dice che non è così e forse ha ragione lui. Ma giusto perché a quel termine dà un senso riduttivo. Statico. Come fosse un anonimo passaggio da uno stato a un altro e niente più. Non è così, però se ad Ancelotti non va giù si può rimediare facilmente. Niente “transizione”, d’accordo. Ma una stagione che rispetto a quella che l’ha preceduta è fondata sul lavoro e le idee di un altro allenatore, su un altro disegno tattico e una filosofia di gioco e di pensiero che non vuole somigliare in niente e per niente alla precedente si può definire almeno di “trasformazione”, signor Carlo? Anche perché “trasformazione”, ne converrà, porta con sé – e in sé – valori nuovi, ma anche concreti e innovativi. Positivi, insomma. 
Ebbene, i valori buoni di questa “trasformazione” potrebbero avere pure un nome, un obiettivo? Certo che sì. E quale se non questa Europa League, che poi è anche l’ultima frontiera per rendere vincente la “trasformazione”? Quella Coppa, infatti, metterebbe il punto e a capo a cinque anni di speranze amare, porterebbe un mucchio di denaro fresco (una quindicina di milioni) nel portafoglio azzurro e, cosa forse ancora più importante, lungo il percorso che porta alla finale restituirebbe entusiasmo e passione ad un San Paolo che s’è raffreddato, incupito, diviso rincorrendo una notte da campione e non soltanto uno specchio nel quale compiacersi e basta. Ancelotti questo l’ha capito bene. Lo racconta la formazione di Zurigo. Sissignori: dopo mezza stagione di rivoluzioni, esperimenti forse necessari, esagerazioni spesso troppo esagerate, don Carlo ha deciso: così com’era accaduto in Champions, anche in Europa League ci saranno delle gerarchie. Se non titolari e riserve, siamo lì. E quando si è secondi in campionato a undici punti dalla prima, con nove di vantaggio sulla terza e tredici sulla quarta, tutto questo ha solo un significato: il Napoli ha fatto la sua scelta: campionato chiuso, difesa ragionata del secondo posto al quale non si può e non si deve rinunciare e attacco deciso all’Europa League. Si dirà: qual è la novità, dov’è il coraggio visto che più d’una scelta è un obbligo quello degli azzurri? Beh, la novità c’è: per la prima volta dopo tanto tempo il Napoli non si nasconde, gioca a carte scoperte, lancia il guanto azzurro di sfida al Chelsea e all’Arsenal e, perché no, anche all’Inter, al Siviglia e al Valencia. E questo, rispetto al passato più recente, non è una novità?” 

 

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