È difficile commentare il secondo match di San Siro, in cui c’è poco più di niente da salvare. Rimane l’amaro in bocca per un obiettivo sfumato e, ancora di più, per come è maturata l’eliminazione. Desta qualche perplessità la formazione inizialmente messa in campo da Ancelotti, con Hamsik, Mertens e Callejón in panchina. La logica avrebbe voluto che, in una partita secca da dentro o fuori, il tecnico di Reggiolo avesse schierato i migliori elementi a disposizione ed anche i più esperti. Tuttavia, nessuno conosce lo stato dei calciatori se non il loro allenatore, che rimane l’unico in grado di valutare l’impegno profuso da ciascuno in ogni allenamento. Fa pensare male l’approccio molle alla partita, di buona parte della squadra rimasta letteralmente travolta dagli avversari. Gli errori difensivi, da cui sono scaturiti i due gol milanisti, sono indicatori di una squadra mai scesa con la testa sul terreno di gioco. Fa notizia che persino Koulibaly si sia macchiato di un errore grossolano, in occasione del raddoppio di Piatek. Comincia ad essere preoccupante l’astinenza dal gol di Insigne e Mertens: il belga ha girato sempre a vuoto nello scampolo di partita a disposizione mentre Insigne è stato a metà tra l’irritante e l’imbarazzante. Nel primo tempo, le uniche occasioni (…ne ho contate 6!…) sono state tutte sciupate dal talento di Frattamaggiore. Chi ha tradito ancora di più le attese è stato Allan, che preferisco non commentare per non incappare nell’errore di chi lo ritiene con la testa già ai piedi della torre Eiffel. Qualcosa da salvare c’è stato, anche nella debacle milanese. Ounas, innanzitutto, che subentrato a partita in corso, ha cercato di ravvivare la manovra sulla fascia destra. È stato suo il tiro che ha costretto Donnarumma alla parata più difficile della serata. Lo stesso discorso vale per Zielinski, che ha corso come un mediano e cercato più volte la via del gol, alzando bandiera bianca solo al triplice fischio, così come Malcuit che ha provato a combinare qualcosa di interessante sulla corsia di destra, cross sballati a parte. Il Napoli esce dalla coppa Italia in malo modo, con troppe ferite da curare e con un unico obiettivo da inseguire, chiamato Europa League. Alla luce dei risultati delle altre partite, aumenta ancora di più il rammarico per un obiettivo ampiamente alla portata degli azzurri, sfumato sotto il cielo di Milano. All’indomani di Milan-Napoli, sembrano poche le certezze del gruppo azzurro e troppe sono le domande in attesa di risposte. È probabile che siano anche altri i motivi della resa di San Siro e chi vive lo spogliatoio partenopeo dovrà intervenire prima che sia troppo tardi. Se, viceversa, si fosse trattato solo di una partita maledetta, lo capiremo sin dal prossimo impegno di campionato, contro la Samp che all’andata mise al tappeto il Napoli: fu quella l’ultima volta che scese in campo la squadra che fu di Sarri. Chiosa finale sulla cornice della serata, che ha acuito la sensazione di amaro in bocca. Dagli spalti milanesi si sono sprecati i cori discriminatori contro Napoli. Fin qui, purtroppo, nulla di nuovo. Quello che fa riflettere è l’atteggiamento dei cronisti della televisione di stato che hanno enfatizzato una sola squadra in campo e le gesta del suo bomber, facendo solo un timido accenno ai cori provenienti dagli spalti. Credo che ogni commento sia superfluo ed invito le istituzioni a dare voce alle rimostranze di un’intera città.
Riccardo Muni
@riccardomuni