Milan/Napoli, incroci tra campionato e Coppa. Vecchi ricordi ed amarcord…Ne parla Francesco, Ciccio, Marolda sulle pagine de Il Corriere dello Sport:
Don Carlo. C’era pure lui a Napoli quel giorno, quel primo maggio di trentun anni fa, quando il Napoli consegnò al Milan uno scudetto che avrebbe cambiato la storia italiana del pallone. Quel giorno, infatti, cominciò il Sacchismo inteso come metodo vincente e non come moda, come spasso del momento, come Sarrismo, se si vuole. Vero, solo quello scudetto vinse Sacchi, ma il suo Milan da lì partì per conquistare in due anni tutto quello che poteva: due Coppe dei Campioni, due Supercoppe Uefa e altrettante Intercontinentali. Strane storie: senza quel 2-3 al San Paolo non sarebbe esistito il Supermilan e Sacchi non sarebbe diventato il grande innovatore del moderno calcio nazionale. E tutto ciò senza manco un grazie al povero Napoli di allora. Ma fa niente. Roba vecchia, anche se ancora indigesta da Procida a Resina, come canterebbe Renato Carosone.
Quel giorno a godere c’erano Gullit e Van Basten, Baresi e Maldini, Giovanni Galli e Donadoni. E ovviamente lui: don Carlo, ideale ufficiale di collegamento tra quei tempi e questi, tra quel Napoli che s’ammosciò giusto a due partite dalla fine e il Napoli d’adesso, che per volare s’è affidato proprio a lui. Ma non finisce qui. Anzi, qui comincia il bello, qui si riapre un “cold case” del quale nessuno si curava più. “Colpa” di Ancelotti, ieri avversario e oggi, invece, comandante azzurro. E quindi è a lui che seppure trentun anni dopo la Napoli che tifa, prima ancora del Napoli che gioca, chiede una sorta di risarcimento. Morale, si capisce. Perché oggi così è: la città del calcio ha più memoria, ricordi e sentimenti della squadra che va in campo. Ma è naturale, capita dovunque. Però sarebbe bello e innovativo se tra una lezione tattica e un’altra, egregio presidente, il Napoli tenesse ai propri giovanotti pure un corso sulla storia della società e sui loro più nobili “antenati”. Giusto per ravvivare quel senso d’appartenenza che di questi tempi è merce rara, non per altro.
Campionato e coppa Italia, dunque. Stranezze dei calendari: due sfide in quattro giorni per passare subito all’incasso. Tra luci e ombre il primo appuntamento è andato, ma ora arriva quello più importante. Una partita secca per andare avanti e il Napoli, si sa, alla Coppa Italia (e all’Europa League) tiene parecchio. Diciamo pure che un trofeo gli serve per dare un senso alla stagione e per tirarsi fuori dal ruolo di squadra divertente, ma perdente. O, magari, per dare il via al “periodo azzurro” di don Carlo.
Fonte CdS