Liberi tutti, come s’usava da bambini: liberi di starsene in uno stadio, usarlo come una zona franca, sfruttarlo a propria immagine e somiglianza, la più raccapricciante che possa esistere. Liberi di insultare, di andare a scuotere la sensibilità di un uomo, di vomitare addosso quel che pare a loro, le più vergognose espressioni. Liberi di calpestare, fino a prova contraria o anche sino a quando la pazienza non avrà superato il limite della sopportazione umana e si perderà tra i gorghi della insofferenza: «La Corte, esaminati gli atti, rileva, in primo luogo, come il comportamento sanzionato, seppur avvenuto nell’ambito di una situazione ostile per il signor Koulibaly, a causa dei cori razzisti che hanno caratterizzato la suddetta gara, debba necessariamente essere ritenuto come irriguardoso nei confronti dell’arbitro. L’immediata concatenazione temporale tra la notifica del provvedimento di ammonizione e l’applauso rivolto dal predetto calciatore all’arbitro rendono, infatti, evidente l’intento di quest’ultimo di contestare, attraverso un gesto ironico e di scherno, la decisione del direttore di gara». Si accomodi pure, Koulibaly, niente Napoli-Lazio, lei l’ha fatta grossa e la seconda giornata di squalifica non gliela hanno tolta.