Il razzismo non è un problema di Napoli ma è una grave lacuna culturale e sociale di questo Paese. E quando il calcio che invece fa finta di voltare le spalle alle curve (o agli spalti), di ridurre il caso (i casi) a esercizio delle minoranze, scopre che le Istituzioni sanno fare addirittura di peggio, trasformando l’indecenza in un fenomeno da baraccone o da cabaret, indugiando sulla goliardia degli stadi che ad Ancelotti fa accapponar la pelle. «Per quello che è successo a San Siro, ed è capitato altrove c’è ben poco da ridere: ci sta il dibattito, con le sue contrapposizioni, e sia chiaro che noi del Napoli non abbiamo la pretesa di decidere cosa si debba fare ma semplicemente che venga rispettato il regolamento con i suoi protocolli. Mai parlato di interruzione, per esempio, ma di sospensione e se dovessero ancora verificarsi episodi del genere, noi ci fermeremo». E sarà un gesto non simbolico ma educativo, un messaggio non subliminale ma chiarissimo: basterà prendere il pallone, o anche no, e starsene impalati a guardare in alto, sperando di arrivare negli occhi e poi nell’anima, di chi invocherà il Vesuvio o riterrà di sfogarsi con un «buuuu»: forse quello sarà l’inizio d’un nuovo giorno, ed è bello crederlo e sperarlo. «Perché gli italiani sono intelligenti ma c’è bisogno di volontà e di regole. Altrove sono riuscisti a sconfiggerlo e possiamo farlo anche noi, senza rassegnarsi. Intanto, per cominciare, non siamo soli». Fonte: CdS