Il ministro dell’Interno Salvini arriva a piedi alla Scuola Superiore di Polizia, con un quarto d’ora d’anticipo rispetto al fischio d’inizio delle 16. «Sono assolutamente contrario alla chiusura degli stadi ed al divieto di trasferte perché è la resa dello Stato: bisogna garantire che chi sbaglia da tifoso paghi caro e chi sbaglia da tesserato deve essere punito il doppio perché ha responsabilità in più. Ma no a sanzioni collettive, non è giusto che paghino un club, un’intera tifoseria o una città». Il messaggio che arriva alla fine del confronto con il calcio è questo. E sintetizza un punto di vista chiaro: dal versante del Governo. E il punto di vista, attenzione, chiama in causa i club, aspetto che Salvini, abile, fa trapelare senza però puntare dritto l’indice, ma affrontando il tutto in un insieme. Però… «Sento dire che il calcio è business, il calcio è business. E bisognerà che un pezzetto di business venga sacrificato a orari più consoni per partite a rischio. Voglio vedere famiglie e bambini negli stadi. E certe notturne lo precludono. Così come al business andrà sacrificata una quota per concorrere alla sicurezza. Il numero degli uomini e delle donne delle Forze dell’Ordine impiegato negli stadi è sceso ancora, da 83 a 75.000. Ma parliamo di 40 milioni di costi che ora gravano sui cittadini. Non mi piace, le società dovranno contribuire». Fonte: CdS