M. Uva (Uefa): “Koulibaly campione di umanità. Faremo un Daspo europeo”

Trentesima su 55: è la – triste – immagine dell’Italia calcistica secondo la classifica sul comportamento degli spettatori redatta dall’Uefa al termine della scorsa stagione. Dati basati su quanto è accaduto, soprattutto, fuori dagli stadi in occasione delle partite di coppa. Sono messe peggio la Germania (33.ma) e la Francia (43.ma) «ma questo non deve essere motivo di sollievo», spiega al Mattino il vicepresidente dell’Uefa Michele Uva, ex direttore generale della Figc.

I fatti di Milano, dall’agguato ai napoletani finito in tragedia ai cori razzisti verso Koulibaly, hanno colpito il massimo organismo calcistico europeo che, a questo punto, ipotizza «un Daspo internazionale: perché ci sono tifosi sottoposti a provvedimento restrittivo nel loro Paese che si recano all’estero per assistere alle partite di coppa e su questo fronte bisogna intervenire con il contributo di Uefa, federazioni nazionali, club e governi affinché vi siano leggi uniformi».


Gli stadi italiani sono così pericolosi, come evidenzia la classifica dell’Uefa?
«La situazione all’interno degli impianti è nettamente migliorata rispetto al passato: sono diminuiti scontri e lanci di oggetti contundenti o esplosivi grazie all’introduzione degli stewart da parte dei club. La questione delicata è all’esterno ed è incidentale il tema della partita, perché vi sono scontri che si verificano anche a tre chilometri, provocati da chi è anzitutto un delinquente perché non si può definire tifoso chi ha in tasca una pistola o un coltello. La gara di calcio diventa il pretesto per aggredire o esercitare violenza ed è complicato gestire questi atti quando avvengono lontano dagli stadi, per l’Uefa e per i club, perché ad altri spetta l’organizzazione dell’ordine pubblico».


Le violenze di Milano e l’ennesima tragedia come vengono interpretate dall’Uefa?
«Come un fortissimo campanello d’allarme ed ecco perché è il momento che le forze di polizia europee, con il supporto dei governi e delle istituzioni sportive, si mettano insieme. Il Daspo internazionale – definiamolo così – diventa un’idea su cui lavorare. Le federazioni sono attente a tali aspetti: quella italiana ha promosso da tempo incontri dei calciatori nelle scuole su violenza e razzismo».


Koulibaly è stato nuovamente e vergognosamente insultato in un grande stadio: nel 2016 era accaduto durante Lazio-Napoli all’Olimpico e in quel caso l’arbitro Irrati interruppe la gara per far cessare i cori razzisti.
«Abbiamo conosciuto Kalidou, che è testimonial della campagna Equal Game promossa due anni fa dal presidente dell’Uefa Ceferin. Questo campione anche di umanità deve essere più forte degli ignoranti, cioè di coloro che ignorano il rispetto e l’uguaglianza. Koulibaly ha partecipato a un nostro evento in una scuola di Milano e ha raccontato la sua storia. Grande uomo, esempio di professionalità e umanità, di storia civile. C’è bisogno che con vigore sia affermata da parte di tutti la vicinanza al difensore del Napoli. L’Uefa è orgogliosa di avere scelto questo uomo per promuovere un messaggio contro le discriminazioni di qualsiasi genere: Kalidou è il giusto simbolo per un percorso sociale ed è una delle migliori rappresentazioni dello sport italiano, pur avendo differenti origini».


Il Chelsea ha recentemente adottato un duro provvedimento nei confronti di quattro suoi tifosi che avevano insultato Sterling, attaccante di colore del City: li ha espulsi. Sono queste le misure opportune per stroncare il razzismo?
«Sono indecenti le discriminazioni. Come intervenire? Le regole ci sono e devono essere applicate. Nell’ultimo periodo trascorso nella Figc, con il commissario Fabbricini e il vice commissario Costacurta, abbiamo dato alle società la possibilità di emettere un provvedimento di esclusione di tifosi che, ad esempio, facciano cori razzisti o espongano striscioni: i dirigenti hanno la facoltà di ritirare la tessera di abbonamento o di non rilasciare il biglietto. È su questa linea che si deve proseguire e deve essere chiaro che sui fronti della violenza e dell’intolleranza è necessario un progetto di sistema, non limitato alla singola iniziativa».

Fonte: Il Mattino

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