Ma Milik è varie cose assieme, per il momento: è quello che ha saputo segnare più degli altri, non vi stupite e non scandalizzatevi, più di Piatek (un probabile o presunto concorrente del futuro) che pure ne ha fatti 12 (con due rigori e però con 1324 minuti a disposizione, oltre il doppio) e persino più di Cristiano Ronaldo, cinque palloni d’oro autentico come il suo talento che forse è di platino ma che è «fermo» a undici (con tre rigori e in 1430 minuti). Ma cosa volete che siano otto reti in seicentotrenta minuti rispetto alla bramosia del calcio moderno, quel desiderio a volte anche insano di voler necessariamente qualcosa di nuovo – o anche di antico – basta che sia un acquisto: Milik convive, e l’ha afferrato, all’ombra della nostalgia di Cavani, e combatte «rumorosamente» ma a modo suo contro questi pregiudizi e quelle correnti di pensiero che sembrano però venticello calunnioso nei confronti di chi – riemergendo dalla sala operatoria e avendo ancora e solo ventiquattro anni – preferisce buttarla dentro quando può, quando deve. A Bergamo, a Cagliari: per Milik la speranza è infinita (anche quella di convincere una parte di Napoli).
La Redazione