È tornato a casa Marek Jankulovski, è tornato al Banik Ostrava nei panni di direttore sportivo. Il terzino che non dimentica il suo passato, in cui ha indossato anche le maglie di Napoli, Udinese e Milan. Il 23 maggio del 2007 allo Stadio Olimpico di Atene, con i rossoneri ha conquistato la Champions League nella finale contro il Liverpool.
Lei era uno dei pochissimi che non veniva dalla rimonta clamorosa che era costata al Milan la Champions del 2005 contro i Reds, i suoi compagni come la vivevano? «La volevano vincere tutti. Poi ognuno la pensa diversamente: uno la vive con emozioni diverse, chi lo dava a vedere di più e chi lo mascherava meglio».
Tipo? «Gattuso, ad esempio, era uno che non teneva niente dentro. Tirava fuori una voglia contagiosa anche per noi compagni. Mentre Nesta era più tranquillo, anche lui ovviamente aveva voglia di vincere ma lo dava meno a vedere. Rino, invece, era un martello».
E Ancelotti? «Ovviamente era un po’ nervoso, ma non più di tanto. E la cosa era molto utile per il gruppo perché infondeva serenità, anche ai meno esperti. Ci dava fiducia, ci diceva che il risultato dipendeva solo da noi e che se avessimo fatto come sempre avremmo portato a casa la coppa».
Ma il risultato della finale persa quanto pesava nella mente? «Quando perdi una finale così quella scottatura ti rimane per tutta la vita. Sei sempre più attento e più nervoso perché giochi contro la squadra che ti hanno rubato la Champions che sentivi tua. Ammetto che ci sembrava folle uscire dal campo senza quel trofeo perché trovarci la stessa squadra davanti ci ha messo ancora più pressione».
Poi la partita, come la ricorda? «Una gara dalle mille emozioni, C’era tanta pressione e tanta voglia di vendicare la sconfitta maturata dopo il 3-0. Era giusto vincere perché se avessimo perso anche quella sarebbe stato troppo. Ecco perché quando abbiamo preso il gol del 2-1 tutti hanno pensato alla rimonta del 2005. Poi grazie a Inzaghi tutto è andato per il meglio».
E la festa? «Pazzesca. Credo di non aver mai visto tante persone in piazza come quella volta. Vincere non è bello solo per se stessi, ma anche per tutta la gente che fa il tifo per te».
Lei ha giocato anche a Napoli e sicuramente ricorderà il tifo azzurro. «Una piazza caldissima che si sposa alla perfezione con Ancelotti».
Perché? «Porta la giusta tranquillità in una città dove c’è sempre un entusiasmo alle stelle».
Che allenatore è? «Di Carlo si può parlare solo bene. È esperto e ha grande rispetto per tutti. Ha giocato e vinto tante partite in Champions. Forse per la prima volta allena dei giocatori che non sono così fenomeni come in passato, ma sa fare gruppo a Napoli sta facendo benissimo non solo in Champions».
Cosa ha pensato quando ha visto l’esito del sorteggio dei gironi? «Quando prendi Liverpool e Psg che sono squadre esperte con giocatori che non sono paragonabili ai tuoi non è mai facile. I francesi hanno dei campioni assoluti mentre il Liverpool da anni ha una squadra che gioca a memoria».
Eppure il Napoli guida il girone: se lo aspettava? «Nei due incontri col Psg avrebbe anche meritato di più, mentre col Liverpool ha vinto giustamente».
Ora il passaggio agli ottavi si giocherà all’ultima giornata, ancora una volta il Liverpool sulla strada di Ancelotti. «Vuol dire che era scritto nel destino. Non capita così spesso che incontri due volte in carriera il Liverpool in finale e ora di nuovo i Reds in una gara decisiva. Nelle sue partite importanti c’è sempre la squadra inglese».
C’è un giocatore del Napoli che le piace più degli altri? «Ho tanto rispetto per Hamsik perché è un giocatore completo. E poi è un grande uomo».
In che senso? «Ha rifiutato tante offerte di squadre importanti per restare a Napoli e ora giustamente ha battuto il record di presenze in azzurro. Merita di vincere qualcosa di importante visto che ha scelto di restare tutta la vita a Napoli».
Chi altro le piace? «Il Napoli ha attaccanti forti: sono giocatori esperti e bravi. A me piace come giocano perché lo fanno da squadra».
Pericolo numero uno del Liverpool? «Salah è senza dubbio il giocatore che ti fa differenza. Tutto il Liverpool è tosto, ma lui è un fenomeno alla Messi o all Ronaldo. Marcarlo è davvero dura».
Il Mattino