Guglielmo Stendardo, ex difensore tra le altre, anche del Napoli, ha rilasciato un’intervista ad Il Mattino. Stendardo, finita la carriera calcistica, ha iniziato quella da avvocato, laurea conseguita quando ancora giocava. Avvocato e consulente legale, Stendardo ha sempre amato Napoli, la città dove ha iniziato la sua carriera da calciatore.
Laureato in giurisprudenza.«Fin da piccolo, i miei genitori mi hanno detto che se non avessi studiato mi avrebbero cacciato di casa. Era una sorta di ricatto, ma oggi devo ringraziare soprattutto loro che mi hanno spiegato l’importanza dello studio e mi hanno portato ad essere la persona che sono diventato».
Perché?«Il calcio è svago e divertimento, ma non può essere l’unica ragione di vita di un ragazzo. Da giovane non è detto che riesci a raggiungere il sogno e occorre studiare e prepararsi, perché sono veramente pochi quelli che riescono a sfondare».
Torniamo al suo corso di laurea. «Nel 2010 mi sono laureato con una tesi sulla responsabilità dello sportivo e la legge sul doping. Studiavo a Roma, perché in quel periodo giocavo nella Lazio».
Uno degli esami più difficili?«Diritto privato, che poi è anche uno più importanti perché te lo ritrovi sempre. Ma la vera difficoltà è stato preparare e superare l’esame da avvocato».
Davvero?«Lo scritto è tostissimo: consiste nella stesura di tre pareri e di un atto. Poi c’è l’orale, il che significa preparare altre sei materie. Io l’ho sostenuto a Salerno».
Ma lei in quel periodo giocava nell’Atalanta.«E il giorno dell’esame avrei anche dovuto giocare una delicata gara di coppa Italia contro la Roma».
E allora?«Colantuono era il nostro l’allenatore e non ce la passavamo benissimo in classifica. Infatti lui voleva che rimanessi a Bergamo a preparare la partita, ma poi dal punto di vista umano ha capito quanto fosse una cosa importante per me e mi ha dato il permesso per assentarmi».
Oggi, quindi, cosa fa?«Gestisco il rapporto di lavoro subordinato dei calciatori con le società. Ho appena iniziato e quindi sto crescendo. Il diritto dello sport è una materia viva e attuale. Ha bisogno di maggiori specificità. Ho uno studio legale a Roma con dei colleghi che mi danno una mano».
Ma non è tutto.«Da settembre sono assistente alla cattedra di diritto di dello sport alla facoltà di giurisprudenza della Luiss».
Al suo corso solo tifosi?«Macché. La mia è una materia seguita tantissimo e c’è una predisposizione incredibile da parte dei ragazzi: abbiamo 180 iscritti e sono misti. Forse 65% maschi e 35 femmine».
Tra i suoi assistiti c’è anche Marco Borriello.
«Con Marco siamo molto amici da tempo. Siamo stati avversari e abbiamo giocato insieme all’Atalanta. Per questo ho seguito la sua esperienza alla Spal dove abbiamo fatto una rescissione e poi abbiamo avuto la possibilità di andare a Ibiza dove potrebbe avere un futuro da dirigente. Poi seguo anche mio fratello Mariano che gioca a Matera».
Torniamo al suo passato da calciatore e a quell’esordio con la maglia del Napoli.
«Giocare nella propria città è una delle cose più belle del mondo e infatti mi dispiacque moltissimo lasciare Napoli a 17 anni dopo aver esordito in serie A. Per fortuna a sono riuscito a fare ugualmente una carriera bella e ricca di soddisfazioni sportive e personali».
Ricorda l’esordio in azzurro?
«Era il 16 maggio del 1998 al San Paolo contro Bari. In quella squadra giocava anche Allegri, ogni tanto ci rivediamo perché il calcio è un mondo piccolo nel quale ritrovarsi non è poi così difficile. Sono ancora legato a Bellucci, Altomare e Taglialatela con il quale sono molto amico. Ci vediamo spesso a Capri».
Il suo legame con Napoli resta ancora forte.«Sono legatissimo alla mia città».
C’è qualche suo ex compagno che oggi le chiede consigli sul futuro?
«Con Chiellini già quando giocavo nella Juventus ne abbiamo parlato, poi Caldara e Gagliardini all’Atalanta mi chiedevano qualcosa, ma credo abbiano optato per economia».
E lei cosa diceva loro?«Ho sempre pensato che il calcio fosse un contratto di lavoro a tempo determinato che finisce quando sei ancora giovane e per questo devi coltivare altri interessi. Lo studio è importante».
Le è capitato di dare qualche consiglio legale a ex compagni?«Ammetto che qualcuno mi ha chiamato. Anche qualcuno con il quale ce le eravamo date in campo. Perché dopo il 90′ finisce tutto».
Amici nel calcio?«Uno su tutti: Pasquale Foggia. È uno dei pochissimi amici che ho in questo mondo, anzi è un fratello per me. Abbiamo iniziato insieme al Banco di Napoli nella categoria Esordienti: io avevo 9 anni e lui 7. Non ha bisogno della mia mano per gestire il suo ruolo di dirigente perché secondo me è uno dei più bravi del calcio italiano: è giovane, ha voglia di fare e farà certamente grandi cose».
Diciamo la verità, per un difensore è difficile essere amico di un attaccante, c’è qualcuno con il quale ha recuperato il rapporto dopo la fine dell’attività agonistica?«Totti. Abbiamo giocato tanti derby da avversari, ma poi finisce tutto dopo la partita. Con alcuni mi è anche capitato anche di fare delle consulenze legali. Diciamo che difficilmente litigavo in campo”.
Fonte: Il Mattino