Arrestato l’amministratore di una Tv napoletana. E’ al momento ai domiciliari con pesanti accuse


Carte false per truffare lo stato, per mettere le mani sulla torta dei finanziamenti dell’editoria, soldi per tenere in vita le proprie emittenti televisive: le stesse tv che sarebbero state usate per colpire – da un punto di vista mediatico – pm e ufficiali di polizia giudiziaria, competitor, giornalisti, avvocati, uomini politici e amministratori pubblici, insomma tutti coloro che potevano contrastare i propri piani aziendali. Sono le accuse alla base degli arresti ai domiciliari dell’avvocato Lucio Varriale, ritenuto amministratore di fatto dell’emittente Julie tv Italia srl, in un’inchiesta che punta a fare chiarezza sulla gestione ritenuta di altre due società, vale a dire la So.Pro.Di. Mec e Universo 3000 srl. Associazione per delinquere, truffa, frode fiscale, dunque. Ai domiciliari anche Carolina Pisani, ritenuta storica collaboratrice di Lucio Varriale, e i due commercialisti di fiducia Claudio Erra e Renato Oliva, a loro volta ritenuti responsabili della realizzazione di una trama di false fatture finalizzate a strappare finanziamenti tramite la legge sull’editoria. 
I CONTI-
Un sacco di 2,3 milioni di euro, secondo quanto emerge dalla lettura del provvedimento firmato dal gip Valeria Montesarchio, al termine delle indagini firmate dai procuratori aggiunti Raffaello Falcone e Rosa Volpe. Decisivo il lavoro dei finanzieri della polizia tributaria agli ordini del comandante Domenico Napolitano e della Digos di Francesco Licheri, in uno scenario decisamente più complesso. Si indaga su una sorta di «metodo Varriale», che avrebbe realizzato dossier giornalistici «dedicati» ai propri rivali, come scrive lo stesso gip nella parte finale del provvedimento. Ma è la stessa difesa di Varriale, rappresentata dal penalista napoletano Giovanni Siniscalchi, a collegare il ruolo di editorialista dell’avvocato della rubrica «Vostro onore» su Julie tv agli arresti di ieri. Scrive il penalista: «Prendiamo atto di una misura cautelare che interviene a distanza di diciotto mesi da un sequestro preventivo, che ha dato impulso a interrogatori, produzione documentale e costante collaborazione con tutti gli organi inquirenti. Non sfugge tuttavia che la misura si fonda anche sulla dichiarata volontà di interrompere il ruolo di editorialista nella trasmissione televisiva vostro onore». 
IL METODO-
Ed è il punto centrale dell’inchiesta sul cosiddetto «metodo Varriale», che in questi mesi si è arricchito anche della denuncia dell’avvocato Domenico Ciruzzi, già vicepresidente di Unioncamere, finito in un «loop» televisivo che va avanti da mesi. Un metodo, secondo la Procura di Napoli, che avrebbe fatto «vittime eccellenti», almeno stando ai fascicoli per calunnia, diffamazione e finanche tentata estorsione ai danni dell’ex presidente della regione Stefano Caldoro e del suo portavoce Gaetano Amatruda. 
CALDORO-
Ma cosa avrebbe scatenato la furia mediatica del patron di Julie tv? Siamo tra il 2012 e il 2013, quando la tv di Varriale viene esclusa dai finanziamenti regionali alle imprese locali per l’America’s cup. Da questo momento in poi sarebbero cominciati gli attacchi contro l’ex governatore azzurro Caldoro. In questa vicenda, fu il pm Vincenzo D’Onofrio (oggi aggiunto ad Avellino) ad aprire un fascicolo per tentata estorsione, sulla scorta di un’ipotesi rimasta al momento priva di riscontri. In sintesi, i dossier contro Caldoro cessano all’improvviso, quando una parente di Varriale viene candidata alle regionali del 2015, in quota Forza Italia. In questo scenario sono stati ascoltati come testi, la candidata azzurra (che non riuscì ad ottenere il seggio), ma anche gli onorevoli Luigi Cesaro e Fulvio Martusciello. Un fascicolo che resta aperto a distanza di tre anni, mentre le indagini sul Varriale editorialista non sono finte. Sul «metodo» ci sarebbero altri punti da esplorare, sempre riconducibile alla rubrica «vostro onore», con cui Varriale (senza contraddittorio) si è scagliato contro i finanzieri che indagavano sulle aziende di famiglia, fino a pubblicare un «dossier» intitolato «375 c.p. Depistaggio a Palazzo di giustizia. Il caso Napoli», con tanto di berretto della Finanza in bella mostra. 
IL –
metodo di cui è lo stesso gip che ieri ha firmato gli arresti a fare cenno esplicito, nella parte legata alle esigenze cautelari: «Ad avvalorare ulteriormente le esigenze cautelari, c’è anche il modo in cui Varriale ha usato la tv al fine di screditare chiunque si frapponga alla realizzazione dei disegni e scopi perseguiti». Insomma, dalle frodi fiscali agli editoriali al cianuro. Fonte: Il Mattino

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