Rimonta, certo, perché prende il Napoli un sacco di gol all’inizio della gara. Dei 13 subiti fino ad adesso, ben sei sono stati subiti nella prima mezz’ora di gioco. Insomma, sempre in salita.
E con la forza di mettere ogni volta una pezza, anche pescando i jolly in panchina: nessuno in serie A ha segnato 7 reti con giocatori subentrati a partita in corso. Nessuno in serie A va a gol così tanto con i suoi «panchinari». Ammesso se così si possano chiamare Fabian e Merten. Sono stati Fabian Ruiz in Udinese-Napoli e Genoa-Napoli; Mertens in Napoli-Milan e Napoli-Roma; Insigne in Napoli-Sassuolo; Rog in Udinese-Napoli e Milik in Napoli-Empoli. «La rosa è buona, credo nel suo valore ed è per questo che non credo che ci siano delle riserve e dei titolari», ha detto Ancelotti.
E così è successo col Genoa, quando proprio dalla panchina il Napoli ha trovato le forze per conquistare i tre punti: cambi preziosi, Mertens e Fabian, guarda caso l’uomo assist e l’uomo gol.
Ma la forza di chi parte dalla panchina è nel suo simbolo: Mertens. In questo avvio di stagione Carlo Ancelotti era sicuro che potesse essere decisivo partendo dalla panchina. Ruolo che non lo fa impazzire. Una etichetta che lo accompagna fin dal primo anno di Benitez: consideravano il belga una specie di «sesto uomo», ovvero il primo cambio. Duttile come pochi, può davvero prendere il posto di chiunque sul fronte offensivo. Entra e spacca la partita. Con i gol, ma anche con gli assist, come è successo a Genova. Fabian lo ha ringraziato con un bacio pubblico che ha postato. Ma al di là del passaggio vitale, Mertens è apparso rispetto a Milik molto più tenace e partecipe alla manovra. Chi parte dalla panchina, in pratica, non si sente inferiore agli altri. E vuole dimostrarlo. Da qui il grande rendimento di chi magari all’inizio viene escluso. «C’è chi la prende bene e chi male. Io parlo con tutti e spiego. In questa squadra tutti hanno compreso la propria importanza».
Fonte: Il Mattino