Senso della fedeltà, del coraggio, dello stare al proprio posto. E anche Allan come Koulibaly ha saputo attendere il richiamo della sua patria piuttosto che la tentazione di vestire la maglia di un’altra nazionale (peraltro complicatissimo, visto i regolamenti).
Allan, nella satira dei social, viene raccontato come un pitbull in maglia azzurra che Ancelotti fa fatica persino a tenere al guinzaglio. Il punto è che il brasiliano non è solo uno che rompe le trame altrui: è uno che quando ha il pallone tra i piedi, riesce sempre a giostrarlo con eleganza. Un centrocampista completo, che anche col Psg ha mostrato di saper arginare la classe degli avversari. E ha una dote: sa sacrificarsi. In nome della Ragion di Stato. Ecco, Allan è così. E la gente lo adora. La rabbia e la grinta fanno parte da sempre del dna di Allan, è una specie di imprinting che non ha creato certo Ancelotti. Nel primo tempo contro i francesi, pur di dare un contributo fondamentale all’organizzazione di Ancelotti, si è messo alle calcagna di Neymar dando l’impressione di essere meno partecipe al gioco.
A Parigi, fronteggiò Rabiot, cancellandolo dal campo. Questa volta è toccato a Verratti e a Draxler e pure loro sono stati annullati: senza tener conto del lavoro fatto su Neymar, con cui presto si rivedrà nella Seleçao. Lui è super ed è umile. È l’unico Allan che si è fatto commuovere da O Ney è stato il piccolo Miguel che entrato sul terreno di gioco in lacrime per l’emozione di accompagnare per mano proprio Neymar.
Papà Allan, invece, non ha avuto alcuna commozione. Peraltro Miguel è nella stessa classe del figlio di Cavani. «Il mio piccolino pazzo per il calcio ed emozionato di vivere questi momenti che ha aspettato per tanti giorni. Con la certezza che non li dimenticherà mai», ha scritto su Instagram mamma Thais. Ora non basta una miniera d’oro: venne pagato 12 milioni più Britos. Provate a chiedere il suo valore adesso. Fonte: Il Mattino