Il tribunale di Reggio Emilia ha condannato in primo grado a due anni Vincenzo Iaquinta, ex attaccante della Juventus e della Nazionale campione del Mondo nel 2006. È rimasto coinvolto in una vicenda di mancata custodia di armi, regolarmente detenute ma lasciate in passato nella disponibilità del padre che non poteva averle a causa di un provvedimento prefettizio.
Il genitore, Giuseppe, imprenditore calabrese trasferitosi nel Reggiano, è stato condannato a 19 anni per associazione mafiosa e venne arrestato nel 2015 all’interno della maxi-operazione Aemilia’, finalizzata a
«Vergogna, ridicoli», hanno urlato Vincenzo e il padre mentre i giudici stavano ancora leggendo il dispositivo. Poi, usciti in fretta dall’aula bunker, Iaquinta si è sfogato: «Il nome Ndrangheta non sappiamo neanche cosa sia nella nostra famiglia. Non è possibile. Andremo avanti. Mi hanno rovinato la vita sul niente perché sono calabrese, perché sono di Cutro», ha detto, ricordando il Mondiale vinto e dicendosi «orgoglioso di essere calabrese. Noi – ha aggiunto – non abbiamo fatto niente perché con la ndrangheta non c’entriamo niente. Sto soffrendo come un cane per la mia famiglia e i miei bambini senza aver fatto niente»
Fonte: Il Mattino