Proprio mentre stavano per scorrere i titoli di coda, perché altrimenti sarebbe stata una trama banale, e certi finali, è chiaro, devono lasciare il segno. In quell’istante, sospeso nella tristezza più limpida, nel dolente schioccare delle lancette, Ciro ha capito che qualcosa di suo sarebbe servito: per sé, per il Napoli, per la Storia di un campionato altrimenti rattrappito e svuotato dalle emozioni e pure per le gerarchie, da ricomporre secondo personalissima interpretazione aritmetica: un gol, il quinto, il terzo consecutivo (il quarto se ci infilate la Nazionale) per testimoniare che Dries vive, nell’area di rigore, e lotta assieme al Napoli, non è scappato via, soffocato dalle fatiche del passato – d’una stagione quasi senza cambi: 29 delle 49 presenze consumate per intere – e poi il Mondiale, e quella delusione strisciante, e le vacanze attraversate con quel «tarlo» e la preparazione part time – e ora un’incertezza latente e una dolenzia aderente alle pareti dell’anima. Fonte: CdS