Stefan Schwoch: “Napoli è rimasta nel mio destino, mi fermano ancora per strada”

Ecco un  stralcio della lunga intervista rilasciata da  Stefan Schwoch a Il Mattino

Napoli è rimasta nel suo destino?
«Altroché. Sono lì almeno una volta a settimana».
E la gente per strada la riconosce?
«Mi fermano per strada per selfie, foto o anche solo una stretta di mano. Napoli è una città così. Ti chiede tanto quando sei giocatore, ma quello che ricevi è sempre di più di quello che hai dato. Dopo 20 anni tutti si ricordano di me. È una cosa bellissima».
Il ricordo più bella della stagione da giocatore in azzurro?
«Fu un’annata faticosa quella 1999-2000. Ma anche piena di grandi soddisfazioni. Trovare la folla all’aeroporto di ritorno da Pistoia fu il coronamento di una stagione pazzesca. La promozione in serie A fu un giusto premio per un campionato vissuto tra i primi. Eravamo sempre ad altissimo livello. In quel momento mi resi conto di aver realizzato qualcosa di importante per una città importante come Napoli. In quella stagione le Iene mi regalarono anche la loro maglia portafortuna, e andò alla grande».
In quella squadra chi erano i suoi amici del cuore?
«Eravamo un gruppo molto affiatato. Personalmente ero legatissimo a Robiatti perché vivevamo vicino. Poi ero amico di Oddo, con il quale mi sento ancora adesso, e anche di Stellone».
Appuntamenti fissi?
«Si andava spesso a cena fuori con le mogli, poi loro andavano a fare un giro al mercatino di Posillipo».
Dove viveva?
«Avevo una casa bellissima a Posillipo, precisamente a Parco Carelli. La cosa più bella era il panorama, affacciavo su Capri e sul Vesuvio».
E che rapporto aveva con la città?
«Vivevo da napoletano».
Ovvero?
«Due passi in centro, qualche cena fuori e massima serenità».
I tifosi non erano troppo invadenti?
«Al massimo chiedevano qualche foto, ma credo anche che questo sia un risvolto naturale del mestiere del calciatore. Certo, un paio di volte mi hanno dovuto riportare a casa i Carabinieri perché sotto casa mia c’era il delirio. Ma non mi è mai pesato. Ora alcuni giocatori non vogliono fare questa vita, mentre vedo che Ancelotti vive davvero alla grande la città».

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