Marcello Lippi si “confessa” ai microfoni della Gazzetta dello Sport
Rientrato in Italia tra un impegno e l’altro della nazionale cinese, invitato speciale alla serata di Francesco Totti al Colosseo,
Marcello Lippi racconta l’ennesima sfida scudetto tra le sue «ex». Ancelotti al posto di Sarri cambia però la prospettiva dell’analisi.«Ancora Juve-Napoli, sì. Ricominciamo da dove avevamo finito l’anno scorso: sono le due più forti. Anche se non è come prima».
Che cosa è successo rispetto all’ultimo campionato?«La Juve ha cambiato poco, a parte l’arrivo clamoroso di CR7. Il Napoli è lo stesso ma con un allenatore nuovo. E il cambio si sente. In due mesi Ancelotti ha fatto un lavoro intelligente, unico».
Cioè?«Ha mantenuto tutte le qualità della gestione precedente di Sarri, ma aggiunto la sua cultura, l’esperienza, la varietà tecnico-tattica, la psicologia. Il Napoli è forte come prima, però gioca con due-tre sistemi diversi ed è più imprevedibile».
Lei sostiene che Ancelotti è il miglior tecnico al mondo.
«Perché ha esperienze vincenti ad altissimo livello sia da giocatore sia da allenatore. Ha visto, affrontato e superato tutto. Ed è ancora relativamente giovane».
D’altra parte era impossibile mantenere il Napoli di Sarri senza Sarri…
«Sarri non faceva turnover per scelta: era alla ricerca di sincronismi esasperati, direi perfetti, cambiare avrebbe significato complicarsi la vita. Ancelotti sta facendo girare tutta la rosa, sta cambiando sistema e si ritroverà giocatori anche meno stanchi».
Se Ancelotti è il migliore, Allegri è sulla buona strada?
«Proprio così. Ancelotti ha vinto più Champions e più campionati europei, non è paragonabile. Ma Allegri comincia a essere tra i numeri uno: la sua crescita è stata pari a quella della Juve. Fino a qualche anno fa dicevo che in Europa c’erano due-tre squadre, Real, Barça, Bayern, irraggiungibili, e la Juve tra le inseguitrici. Come dimostrato dalle finali perse. Oggi invece è entrata in quel gruppo ristretto grazie anche al tecnico».
Che, parole sue, le somiglia…
«La toscanità. La Juve a 46 anni. L’aver vinto lo scudetto alla prima stagione con una grande, io in bianconero lui al Milan. Se poi ci sono altre analogie non devo dirlo io…».
Una è conclamata: la bravura nel leggere la partita dalla panchina.
«Sono d’accordo. Una bravura facilitata dalla ricchezza unica dell’organico che consente tante scelte».
Sacchi ha detto che, presi individualmente, forse non c’è uno del Napoli superiore a uno della Juve. Ma poi…
«Il vero problema del Napoli è stato trovarsi la Juve davanti. Sarri ha fatto cose straordinaria ma la Juve era lì».
Cosa aggiunge CR7 e, in caso, cosa toglie pensando a Dybala?
«Ronaldo non toglie niente. Aggiunge e basta. Forza, abitudine alla vittoria, gol che nessuno segna come lui. Un fenomeno alla cui grandezza ha contribuito Zidane con la gestione intelligentissima negli ultimi tre anni: Ronaldo si è preservato e ha sempre dato il massimo. Allegri farà lo stesso, devono solo conoscersi bene».
Cos’è Ronaldo: un centravanti, una seconda punta o…?
«Un attaccante, che può fare il primo, il secondo o anche il terzo. Dipende da chi gli sta accanto. Non solo Mandzukic».
Al Best Fifa lei ha votato Mbappé.
«È il CR7 di dieci anni fa. Oggi non vedo nessuno come lui».
Un’altra arma della Juve è la ricchezza tattica: in sette partite già quattro sistemi di gioco.
«Sono anni che lo fa, due o tre punte, due o tre difensori. Bravo Allegri a non rinnegare il lavoro di Conte, intervenendo gradatamente con la sua idea di calcio. Quello che sta facendo Ancelotti con Sarri».
Di solito Allegri «incartava» Sarri. E domani?
«La realtà è che il Napoli giocava benissimo ma non cambiava mai. Anche se centravanti era Milik invece di Mertens, la manovra prevedeva uno-due, triangolazioni strette e palla bassa. Qualche cross alto non avrebbe guastato. Però l’ultimo confronto l’ha vinto il Napoli».
In Europa non è la stessa cosa: il Napoli ha sofferto anche con la Stella Rossa, la Juve ha vinto a Valencia.
«Questa è l’abitudine a giocare ad altissimo livello in campo internazionale. Ma la nuova metodologia di Ancelotti porterà risultati anche qui».
Hamsik può fare il play basso?
«Se Carlo ci sta tentando deve aver intuito i presupposti. Ci vorrà tempo».
Più facile con Insigne centrale o seconda punta.
«Questo è un lavoro molto interessante: il 4-4-2 del Napoli è particolare, più coperto a destra, dove Callejon dà equilibrio, e più offensivo a sinistra. Ma molto vario. Zielinski si accentra per dare spazio all’esterno. Lui, Insigne e Milik si scambiano posizione, tagliano, non sono facilmente controllabili. Un Insigne così diventa molto utile anche per Mancini».
Dybala sta diventando un problema?
«Per niente. Basta sentire quello che ha detto Allegri: è il migliore tra le linee, da trequartista è perfetto. E il turnover fa bene a tutti perché tutti si sentono partecipi del progetto».
La Juve è partita forte.
«Non tutti in Europa hanno gestito così bene i giocatori in arrivo dal Mondiale: alcuni hanno riposato poco per il calcio di oggi, e gli effetti si vedono. Penso al Tottenham».
Due nomi importanti della Juve: Bernardeschi e Can.
«Il tedesco è forte forte: fisicamente, in interdizione, in impostazione. Bernardeschi è cresciuto come pochi perché è un ragazzo intelligente: lo vedi da come parla e da come si è messo a disposizione l’anno scorso per entrare nel progetto».
Come finirà Juve-Napoli?
«Impossibile dirlo. La Juve non mi ha sorpreso, il Napoli un po’ sì, ma può succedere di tutto. Certo, pochi giorni dopo, la partita di Ancelotti in Champions è più complicata».
E le altre? Sono già fuori?
«Calma, c’è tempo. All’Inter di recente è girata bene, ma deve crescere in autostima: una qualità che un po’ manca. I primi risultati hanno creato sfiducia nella Roma, ma i giocatori forti ci sono, penso a Cristante, Pellegrini e Kluivert. Il Milan ha momenti di grande qualità e amnesie, ma Rino riuscirà a trasmettere le qualità tecniche e umane che ha. Non ho dubbi».