Semplici: “Lo scudetto? Attenti ad Ancelotti ha vinto tutto”

La prima volta non si dimentica. San Gimignano, un caldo pomeriggio di fine estate, campionato Eccellenza. Poco più di cento persone sugli spalti. «Se non sbaglio vinsi 1-0 contro lo Scandicci. Era quasi un derby. Così iniziò la mia carriera di allenatore». Leonardo Semplici racconta sempre con piacere i primi passi della sua carriera. Fatta di campi di provincia, di terreni ghiacciati, di poche anime sulle tribunette. Ora che è ai vertici in Serie A, alle spalle della Juve, questo voltarsi indietro ha un sapore ancora più gradevole. «Io la gavetta l’ho fatta. E ho vinto subito. Anno dopo anno ho cercato di migliorarmi. Dopo aver dominato in Eccellenza la testa era già proiettata verso la Serie D. Sono andato avanti così, guardando un gradino sopra. Con l’orgoglio di poter dire: sono arrivato in Serie A vincendo in ogni categoria».

Eppure ancora oggi non è considerato un tecnico «di moda».«Vero. Il primo motivo è perché non ho fatto una grande carriera da calciatore. Non dovrebbe contare. Invece conta».

E il secondo?«Perché non ho un cognome importante. Sono soltanto Leonardo Semplici. Uno che si è fatto da solo».

E che oggi deve dire grazie..«A babbo Silvano. Lui mi ha permesso di cominciare ad allenare conservando il posto di lavoro. Facevo l’agente di commercio. Ramo abbigliamento».

Un buon venditore?«Un disastro. Non era il mio mestiere. Però ho imparato cose che poi mi sono servite nel calcio. Da agente di commercio ho dovuto andare oltre il mio carattere introverso, da eterno timidone. Dovevo presentare in maniera accattivante il mio prodotto. In fondo quello che deve fare anche un allenatore».

È cresciuto con quali modelli?«Il tecnico ideale è la sintesi delle idee di Allegri e di Sarri. Dura, vero?».

Un’impresa disperata.«Forse. Io non ho un modello unico di riferimento. A volte vado a Coverciano a leggere le tesi con le quali i giovani allenatori si laureano al Master. C’è sempre qualcosa da imparare. Quando ho iniziato questa avventura mi piaceva molto un tecnico di nome Paolo Indiani. Ora lavora in Serie C (alla Pistoiese, ndr)».

Cosa c’è dietro il miracolo Spal?«Una crescita di un gruppo dopo il primo anno di Serie A. Il nostro budget è il penultimo del campionato. Però abbiamo cercato di scegliere bene».

Petagna è un buon esempio.«Si diceva che non avesse confidenza con il gol. Io credo il contrario e sono convinto che può arrivare a 12-15 reti. Anzi, deve arrivarci se vogliamo sviluppare bene il nostro progetto. Lui ha scommesso su di noi. Non era facile lasciare l’Atalanta per la Spal».

Dove pone l’asticella per questa sorprendente Spal?«Mi piacerebbe che diventassimo il nuovo Chievo. Una realtà in grado di stare a lungo in Serie A. E, come successe a Delneri, magari di arrivare anche una volta alle spalle delle grandi».

Torniamo ai suoi gioielli.«Non avrei mai pensato di ritrovare Lazzari il primo giorno di ritiro. Ero convinto che una delle grandi lo avrebbe acquistato. Qualche sondaggio c’è stato ma nessuno voleva prenderlo a tutti i costi. Forse perché era “solo” un giocatore della Spal. Ora che è finito nel giro della Nazionale di Mancini sarà tutta un’altra storia. A giugno lo saluterò».

Come ha festeggiato il secondo posto in classifica?«Mangiando una pizza con il mio staff. Noi siamo fatti così».

La Spal sta crescendo anche come società.«Il nuovo stadio è un vero gioiello. Questo club è gestito da gente seria».

C’è il rischio di volare troppo alti?«Noi siamo di passaggio in quella zona di classifica. Ma dobbiamo godere di questo momento. Far crescere la nostra autostima».

Chi vincerà lo scudetto?

«La Juve è la più forte. Però attenti al Napoli. Ancelotti ha vinto tutto, sa come bisogna fare per arrivare davanti a tutti».

Oggi incrocia la «sua» Fiorentina.«Sarà una partita divertente. La Fiorentina ha freschezza e qualità. Può lottare per il quinto o sesto posto. La squadra di Pioli ha ritrovato il suo pubblico. E io lo so bene quanto siano importanti i tifosi viola. Posso dire lo stesso di chi segue la Spal. Il nuovo stadio e la nostra gente ci garantisce dei punti in più».

Chiesa è il pericolo maggiore?«Lo sanno tutti che qualche anno fa lo avrei voluto alla Spal. Si vedeva che aveva qualcosa di speciale. Il tridente Chiesa, Simeone e Pjaça è di valore assoluto. Ma anche noi abbiamo buone armi in fase offensiva. E per il momento riusciamo a fare molto bene anche la fase difensiva».

Un solo gol subito. Nessuno ha fatto meglio.

Fonte: gasport

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