L’editoriale di Italo Cucci
“Maledette amichevoli, vien da dire. So quello che ne pensa Carlo Ancelotti – lasciateci lavorare – ma non so quanto sia nuovo, per lui, l’impatto con una piazza smaniosa di vincere dopo avere nascosto anni di delusioni mascherate dall’effimera bellezza del gioco di qualità. Mentre altrove si mena vanto del redditizio cinismo che ha portato sette scudetti, ovvero l’esca per catturare la preda più grande del mondo, Cristiano Ronaldo, portandoselo a casa, esibendolo come un totem magico a Villar Perosa, la reggia estiva degli Agnelli. C’è chi onestamente studia e considera le dure sconfitte con il Liverpool e il Wolfsburg in termini calcistici, ovvero con i cambiamenti suggeriti al tecnico non solo dagli uomini inseriti nell’impianto sarriano – Fabian Ruiz, Malcuit, Karnezis – ma dal diverso approccio dei due stili, quello di Sarri, stranoto e memorizzato, e il suo, in verità ignoto agli osservatori e al popolo; ma soprattutto non si sa, e lo dice un antico conoscitore del nuovo allenatore del Napoli, quanto Ancelotti abbia bisogno di sentire intorno a sé fiducia, non quella di De Laurentiis, dei giocatori e dei critici: quella del popolo. Se davvero questa gli servisse, è perduto. Tre anni fa Sarri ebbe contro coloro che dovevano aiutarlo – è questo il dovere del tifoso, non lo scetticismo spocchioso e incompetente – finché trovò la quadra, il 4-3-3 e più tardi l’invenzione forzata del Mertens centravanti. E per fortuna il Maestro non trovò che un manipolo di nostalgici sostenitori di Benitez, presto dimenticato; Ancelotti deve ancora entrare nella testa e nel cuore dei sarriani e già si vede come questi siano profondamente nostalgici del mister che li ha lasciati in Champions e ha appena spezzato le reni all’Huddersfield: la lotta più dura del sor Carlo sarà contro gli autolesionisti. In termini pratici si tratta di costruire il Napoli Nuovo con più o meno tutti gli uomini del Napoli Vecchio ma con una mentalità e una tattica tanto diverse da far sembrare diversi anche Mertens e Koulibaly, con la differenza che l’attaccante trova presto il suo gioco nel vecchio reparto (anche Milik aveva già fatto le prove di appartenenza all’attacco) mentre l’impianto difensivo è da ricostruire (il portiere fabbrica tremarella); per non dire del centrocampo da inventare e del solito Insigne da aspettare senza colpevolizzarlo.
Ancelotti sa – non può non sapere – cosa aspettarsi da Napoli: trionfo o disfatta. Senza vie di mezzo. E sa che dovrà rispettare e confermare da solo il suo ruolo di vincitore costruito nei più grandi club d’Europa. Buon lavoro, Carlo”. Fonte: CdS