Irrati: “Con la Var sui maxi-schermi, gli spettatori si renderanno subito conto”

Massimiliano Irrati, arbitro, ha parlato a La Gazzetta dello Sport.

Irrati, lei ha portato un po’ d’Italia in finale al Mondiale: quante volte glielo hanno detto?

«Tante, in effetti. Pensi che non è il primo ricordo che mi porterò nel cuore della mia esperienza al Mondiale».

C’è qualcosa che l’ha emozionata di più?

«La partita inaugurale, perché ha coinciso con l’esordio della Var al Mondiale. Sentivo di avere gli occhi del mondo addosso, c’era un’attesa pazzesca. Dopo mesi di esercitazioni, si apriva finalmente il sipario. Immagini la responsabilità: se avessi sbagliato una chiamata, cosa ne sarebbe stato del progetto Var?».

In finale ha salvato l’argentino Pitana…

«Ma il Var serve proprio a prendere la decisione giusta: ai ritmi del calcio di oggi l’arbitro da solo non può controllare tutto. In un mondo sempre più frenetico e tecnologico, soprattutto nello sport, noi vogliamo ancora presentarci solo con fischietto e cartellini?».

E dire che all’inizio qualcuno sospettava del vostro approccio alla Var. Si diceva: non vorranno farsi imporre le decisioni…

«Questo perché qualcuno ancora pensa che noi arbitri siamo rimasti quei dittatorelli di un tempo a cui non potevi nemmeno rivolgere la parola. Ma sì, quelle macchiette alla Lando Buzzanca. Tranquillizziamoli: da un pezzo non siamo più quelli. E sfatiamo un altro tabù: agli arbitri non interessa perdere il potere, ma conservare il posto. E il posto, soprattutto a certi livelli, lo conservi solo se non fai errori».

Tra molti anni ci si ricorderà degli arbitri italiani come dei pionieri della Var.

«E’ stata una felice intuizione di Figc, Lega e Aia. Oggi tutti guardano agli arbitri italiani come a punti di riferimento. Quando la Fifa ha dovuto scegliere a chi affidarsi, ha scelto noi. Ci hanno dato fiducia e l’abbiamo ripagata. Eppure due anni fa, quando cominciammo a parlarne, era futurismo. Ricordo le lezioni di Rosetti, sembrava un visionario».

Ora tutto il mondo invoca la Var.

«Tutti voglio averla perché garantisce giustizia».

In Premier League l’hanno rinviata. Capello dice perché sono invidiosi che l’abbiamo introdotta noi. Non è un autogol?

«Questo non lo so. Secondo me sbagliano, ma per una considerazione semplice, la stessa fatta in Italia: possibile che l’arbitro debba essere l’unico a non sapere che ha commesso un errore, mentre tutti quelli intorno a lui con i replay e le notizie da casa lo hanno scoperto in pochi secondi?».

Dal prossimo campionato le immagini della Var finiranno pure sui maxischermi degli stadi.

«Giusto, gli spettatori si renderanno subito conto».

Così eviteremo anche le proteste dei tifosi, dopo aver annullato quelle dei giocatori.

«E questo è un grande risultato ottenuto con la Var: avete letto le statistiche dell’ultima stagione? Ormai il giocatore sa che non può più farla franca anche se l’arbitro non lo ha visto. La verità è che la Var è un deterrente pazzesco. Al Mondiale in 64 partite non abbiamo avuto un’espulsione per falli o condotte particolarmente violenti. Per non parlare del crollo dei cartellini dati per proteste o simulazioni».

Per la prossima stagione restano i limiti all’utilizzo della Var, solo in certi casi…

«Sì, la linea di intervento è molto alta, solo per i casi netti. Bisogna fare attenzione ad allargare troppo il campo. Siamo intelligenti, limitiamoci agli episodi chiari. L’obiettivo della Var è eliminare il grande errore, quello che fa dire allo spettatore: ma era rigore netto, come ha fatto a non darlo?».

Irrati, lei hai mai arbitrato il marziano Cristiano Ronaldo?

«No, l’ho incontrato, diciamo così, soltanto da addizionale».

Ci sarà la ressa per accaparrarsi la designazione di Chievo-Juventus tra una settimana…

«Non credo, per noi i calciatori sono tutti uguali».

Sfatiamo pure il mito della sudditanza psicologica?

«Sfatiamo, direi che è passato qualche anno da certi fatti».

Tanto c’è la Var… Novità per il campionato che sta partendo?

«Noi ci metteremo lo stesso impegno e professionalità. Con l’obiettivo di sempre: arbitrare bene, evitare errori. Il resto, lo diranno il presidente dell’Aia Nicchi e il designatore Rizzoli. Se gli arbitri italiani oggi sono dei modelli, lo dobbiamo innanzitutto a loro».

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