Correva l’anno 2010 e il mondo Betis si ritrovò a dover gestire un gigantesco e brutto anatroccolo chiamato Ruiz: «Ma cosa è accaduto a questo ragazzo? Era bravissimo», dicevano i tecnici della cantera. Il fatto è che in sei mesi, manco lo annaffiassero di notte, era cresciuto in altezza di 30 centimetri, fino a sfiorare il metro e 90. Un terremoto, per la sua struttura fisica e per il modo di giocare, tutto imperniato sulla rapidità e la padronanza di un baricentro basso. Conseguenze immediate? Una crisi profonda. Era scoordinato, quasi caracollava e la gestione del pallone non era più quella di una volta. Ma il sinistro e il talento rimasero tali, e migliorarono, e dopo aver ritrovato l’equilibrio divenne un giocatore migliore. E fisicamente più completo.
CdS