La parabola infinita di Armando Izzo da Secondigliano-Scampia. Dal Lotto G, che fa parte del cosiddetto Terzo Mondo, meglio conosciute come le Case dei puffi (perché i palazzi sono tutti azzurri) al Toro di Mazzarri. L’ultimo talento approdato alla squadra del tecnico toscano arriva da qui, zona nord di Napoli: nella vita ha lottato, sofferto e talvolta pure sbagliato, ma è sempre riuscito a rialzarsi. Aveva un sogno, che poi era il medesimo del padre Vincenzo: diventare un calciatore.
VI Gioca per strada, fa il centrocampista, sogna di diventare forte e famoso come Xavi, e a undici anni viene tesserato dal Napoli, grazie all’occhio lungo di Peppe Santoro, uomo-chiave di Mazzarri e del Toro di oggi. Solo una condizione, quel giorno, pone suo padre: quella di non dovere pagare la retta della scuola calcio, perché in casa i soldi erano davvero pochissimi. Poi papà, però, se ne va troppo presto, la mamma si trova a dover accudire cinque figli, e Armando è il più grande. Si inventa barista e poi muratore per dare una mano in casa, il calcio sembra un lusso che non si può più permettere. Per un soffio evita di prendere strade dannate, che dalle sue parti sono quasi la regola. E che coinvolgono suoi familiari.
Ma la voglia di calcio è più forte di ogni altra cosa. Izzo trova un amico e consigliere speciale, Paolo Palermo che gli dà la forza e le motivazioni per non arrendersi. Riparte, diventa difensore, ha grandi doti di velocità e una tecnica che già allora sembra notevole a chi si intende di calcio. Vorrebbe diventare come Fabio Cannavaro, Mazzarri — guarda il destino — vede in lui un potenziale campione, lo porta in ritiro e gli compra persino un paio di scarpini per allenarsi. Nel suo futuro c’è la Triestina, poi l’Avellino, poi il Genoa: intanto, neppure maggiorenne, è già padre. La vita di Armando scorre via veloce, ma per sua fortuna a Genova trova Gasperini, un’altra figura chiave per la sua maturazione professionale e un presidente che ne protegge la fragilità.
Proprio durante il suo periodo sotto la Lanterna finisce nell’elenco degli indagati in un’inchiesta della Direzione Antimafia di Napoli per la combine di due partite del 2014. La giustizia sportiva lo condanna, finché la squalifica viene poi ridotta e infine annullata. Resta in piedi l’inchiesta ordinaria, ma Armando ha sempre proclamato la sua estraneità ai fatti contestati. Nel novembre 2016 si guadagna pure la prima convocazione nella Nazionale di Ventura. Il resto è storia recente e un futuro granata.
Fonte: Gazzetta