Enrico De Luca, detto Erri, è nato a Napoli il 20 maggio 1950. Scrittore, giornalista, poeta e traduttore italiano. Ha studiato da autodidatta diverse lingue, tra cui il russo, lo swahili, lo yiddish e l’ebraico antico traducendo anche alcuni testi della Bibbia. Ha lavorato come operaio, muratore, camionista pur essendo un intellettuale. I suoi libri sono tradotti in oltre trenta lingue. Premiato in Italia e all’estero. Valente alpinista ha scalato anche cime himalayane. Produzione letteraria notevole: dal 1989 a oggi ha pubblicato in media un libro ogni anno.
Erri De Luca, i suoi pensieri letterari abitano anche nel calcio, soprattutto nelle cellule originarie: il Napoli e la gente del Napoli. Battono forte nel cuore di tufo, da alpinista nato in riva al mare. Scrittore, incantatore, in questo lieve scambio di battute Napoli e il Napoli lo aspettano con felicità e sorpresa, stupore e disincanto. Val la pena di capire cosa c’è dietro il pallone calciato da un grande autore italiano, unico nelle sue irrefrenabili parole e passioni. Ed ecco il suo calcio, la squadra del cuore, ma il tutto è trattato con timidezze, esitazioni, intimità.
Il grande romanzo popolare del calcio ha un potere straordinario soprattutto a Napoli: la coesione sociale e l’essere un fenomeno di trasversalità. Credi ancora in questo sport, nonostante i tanti difetti che spesso mostra? «Ho una obiezione minore nei confronti del calcio moderno. È costituito da atleti di taglia e prestazioni fisiche superiori a quelle precedenti. Ma il terreno di gioco è rimasto lo stesso. Il risultato è che di fatto si è ristretto il campo. Il gioco è più spezzettato, le geometrie diventano carambole di rimbalzi confusi a centrocampo. Rimedio sarebbe allargare il campo o diminuire i giocatori».
Qual è, tra i calciatori di ieri e oggi, l’uomo simbolo, il migliore per la tua idea di calcio? «Il più bello da veder giocare ? stato per me Cruijff con la sua Olanda. Il Napoli ha a lungo goduto in difesa di un suo libero formidabile: Ruud Krol».
E del tuo Napoli? «Il Napoli non solo di Maradona ma di Careca, Giordano, è stato il miglior assemblaggio di talenti».
Questo Napoli che sta molto lentamente sbocciando ti convince? Da Sarri ad Ancelotti. Dalla rivoluzione sarrista al più mite e moderato Carletto… «Quello che ha ricavato Sarri dalla squadra è il massimo che poteva ottenere. L’arrivo di Ancelotti vuole alzare l’asta dell’ambizione in campo europeo. Ma ci vuole un potenziamento degli organici che metta in campo due squadre di equivalente valore e non solo una prima squadra con rincalzi».
Se potessi scegliere due nuovi calciatori per il Napoli, chi indicheresti? «Cercherei due giovani africani sui quali scommettere».
C’é un libro che possa riassumere l’essere totalmente amanti di una squadra, così come accade a Napoli? «Azzardo Moby Dick, storia di un equipaggio che ha in mente un solo traguardo».
Dicono che se i napoletani si interessassero ai problemi della città, così come fanno con la squadra di calcio, Napoli avrebbe meno difficoltà, tanto da diventare un modello vincente nel mondo? «Una banalità che si può applicare a qualunque città. Invece se i napoletani considerassero la loro città un valore di tutti come per la squadra, volendole un poco più di bene, il luogo diventerebbe un santuario».
Per il calcio una Juve che vince scudetti da più di un lustro, è una risorsa o un problema? Il club degli Agnelli domina incontrastato da scena, annullando la concorrenza «Per eccellere in patria bisogna avere una squadra che compete all’estero ai massimi livelli. La Juventus lo fa per sua costituzione, le altre squadre solo raramente. La Juventus non è un problema né una risorsa, è un dato di fatto».
Che Mondiale è questo in corso di svolgimento in Russia? E quale nazionale ti appassiona, ammesso che ce ne sia una? «È il mondiale che seguo di meno».
Maradona e il suo essere irrequieto e sopra le righe ti infastidisce? Un giorno disse in un’intervista: “Mi chiedono di essere un esempio per i giovani, ma i miei amici di infanzia a Villa Fiorito, il barrio più povero di Buenos Aires, sono tutti morti di droga o in galera. Non posso essere un esempio per nessuno!”.
«La frase che riporti dimostra che gli esempi sono irripetibili. Lui ha costituito una via di fuga da un destino segnato, un tizzone scampato da un incendio. È stato un miracolo prima di tutto per se stesso, poi pure per lo spettatore buongustaio del gioco del calcio».
Fonte: CdS