Veron: “Messi non è Maradona. Da Sarri avrei voluto una cosa”

Juan Sebastian Veron, ieri a Parma per un’esibizione nell’ambito del progetto «Serie A – Operazione Nostalgia», autentico signore del centrocampo tra la fine degli anni Novanta e la prima decade dei Duemila, era consapevole di dover soffrire osservando la sua Argentina al Mondiale

Qual è il problema dell’Argentina?

«Tanto semplice da vedere quanto difficile da risolvere. Ciò che avviene in campo è lo specchio di quello che c’è fuori. In campo i giocatori fanno casino, perché fuori, nella federazione, nell’ambiente, c’è casino. Chiaro, no?».

Rischiare di uscire dal Mondiale pur avendo Messi in squadra è una specie di delitto, non crede?

«Il fatto è che non basta uno solo per vincere, questo dice il calcio moderno. Messi non è Maradona, e lo sostengo io che ho giocato assieme a tutt’e due. Con Diego eravamo nel Boca Juniors, con Leo in Nazionale. Ebbene vi garantisco che Diego era un trascinatore, un punto di riferimento, uno su cui sapevi di poterti appoggiare in qualsiasi momento. Messi no, è molto timido, chiuso. Forse è un leader in un gruppo ristretto, ma non in un ambiente come la Nazionale. Non sono in discussione le qualità tecniche, ma caratteriali».

C’è una squadra in Italia che l’ha impressionata ultimamente?

«Nessun dubbio: il Napoli. Sarri è fantastico. Giocavano a memoria, mi sarebbe piaciuto stare in quella squadra. Meglio: mi sarebbe piaciuto che lui avesse allenato il mio grande Parma, con Chiesa e Crespo davanti, io, Dinone Baggio e Boghossian in mezzo, Cannavaro, Sensini e Thuram in difesa, Buffon in porta. Quanto ci saremmo divertiti!».

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