Diego Armando Maradona parla da capitano
«Non ho fatto i gol che ho fatto al Belgio e all’Argentina nell’86 senza allenarmi né andare al fronte. Al contrario. Le ho date ai loro difensori, sapevo che la mia “vecchia” mi guardava. Sapevo che l’Argentina mi guardava». La lunghissima vigilia dello spareggio con la Nigeria assume toni epici nelle parole di Diego. Nel Brasile c’è il capitano «rotante», nell’Argentina la fascia dovrebbe essere tatuata sulla pelle di Leo Messi. Ma se l’interessato se la lascia scivolare dal braccio non c’è che un compañero che può raccoglierla. Diego Maradona.
Maradona sa dire quello che la gente affranta vuole sentire nel programma tv «De la mano del Diez»: «Voglio sapere se i giocatori hanno capito cosa significa vestire la maglia argentina, vorrei incontrarli per dirci le cose in faccia. Con loro e con Caniggia, Troglio, Passarella, Valdano. Difendiamo l’onore, ragazzi!». Maradona sta con Messi, ma il confronto tra le sue parole e il mutismo del barcellonista rischia di scavare un fossato incolmabile. «Messi ha giocato come doveva. So com’è difficile dover risolvere i problemi dei compagni, ma io sapevo cosa avrebbero fatto Giusti, Valdano, Batista. Sapevo con chi giocare palla lunga e con chi palla corta. È un problema della squadra, non pretendiamo che vinca la coppa da solo».
Il responsabile è Sampaoli ma prima… «Tutto questo ha un colpevole, il presidente federale Tapia. Poi Sampaoli. Difendersi a tre, senza essersi preparati, è difficile. Caballero ha combinato un disastro mondiale. Tutti si sono bevuti la storiella di Sampaoli che veniva con i computer, i droni, i 14 assistenti e 25 sparring partner. Vorrei capire se nello spogliatoio si siano presi a pugni. Se non è successo è perché non ci sono gli attributi. Se qualcuno ha dovuto mettere del ghiaccio sul volto va bene».
Fonet: Gazzetta