E dire che all’inizio Maurizio Sarri era disposto a cederlo. Mentre De Laurentiis tentò pure di avere lo sconto perché era più basso del previsto. Insomma, i primi passi di Kalidou Koulibaly a Napoli non furono proprio così facili. Anche per via della lezione di tattica che gli fu impartita da Rafa Benitez al primo incontro, al ristorante, con forchette e bicchieri al posto dei giocatori. Lo racconta il franco-senegalese al mensile So Foot oggi nelle edicole francesi. L’occasione per riparlare di scudetto e futuro. Senza dimenticare i problemi di razzismo.
«Lo scudetto – precisa il centrale – l’abbiamo perso contro squadre che avremmo dovuto battere: Sassuolo, Milan, Chievo. Anche se giocare sempre dopo la Juve non era facile, perché influisce sulla pressione per il risultato. Capisco che fossero in Champions, ma ad un certo punto ne sono usciti ed è stata dura psicologicamente. E difficile è stato assistere alla sconfitta dell’Inter con la Juve». Eppure contro i bianconeri, Koulibaly aveva illuso tutta Napoli, con il suo gol della vittoria allo Stadium: «Non mi ricordo più cos’è successo dopo il gol. Per me è importante restituire l’affetto della gente». Anche a Maradona che gli ha chiesto la maglia: «Non ci credevo, ma poi mi ha inviato una foto e l’ho pure incontrato». Un idolo per Koulibaly, come Sergio Ramos e Piqué. E non solo: «Da franco-senegalese ho amato anche Marius Trésor, Desailly, Thuram. Non solo perché neri, ma anche perché si sono integrati in Francia». Nonostante il razzismo che Koulibaly ha subito in una gara contro la Lazio: «Difficile far finta di niente. Ma quel giorno un bambino laziale si scusò per quanto successo. Gli regalai la maglia. La volta dopo i tifosi del Napoli vennero allo stadio con delle maschere con il mio volto ritratto. La prova che mi sono vicini. Il problema è di tutto il Paese e anche i napoletani lo subiscono, perché gente del sud». Forse anche per questo Koulibaly non si sbilancia sul futuro: «Ho ancora tre anni di contratto, vedremo. Peccato Reina sia andato via».
In ogni caso, a Napoli, il centrale si sente bene: «Non esco molto, mi piace il lungomare a Castel dell’Ovo con vista su Capri». Una città scoperta grazie alla chiamata di Benitez: «Ma gli riattaccai in faccia due volte, pensavo fosse uno scherzo». Poi una volta in Italia, De Laurentiis scoprì la sua altezza: «Voleva uno sconto perché ero dieci centimetri più basso di quanto aveva letto su Internet». Benitez invece se lo portò al ristorante: «Mi diede una lezione con bicchieri e forchette al posto di difensori e attaccanti. E mi chiedeva come mi sarei mosso. In quindici minuti ho imparato un sacco di cose». Fu poi Sarri a valorizzarlo: «All’inizio però non mi calcolava. Gli chiesi di essere ceduto. Il club si oppose. Poi iniziò a farmi giocare. E pur di non uscire dai titolari giocavo anche se ero sfinito. Sarri mi ha trasmesso un’altra visione del calcio. Certi allenamenti senza opposizione sono da pazzi». Ma utili, magari per brillare anche al Mondiale, con il Senegal.
Fonte: gasport