Albertini: “Ancelotti porterà a Napoli maturità e il giusto equilibrio”
Sempre al servizio degli altri. In campo, dove sfornava assist preziosi per i compagni, e fuori, dove si è sempre schierato dalla parte dei calciatori nella sua seconda vita da dirigente sportivo. Demetrio Albertini, intervistato da “il Mattino, rappresenta un punto fermissimo del calcio italiano. È cresciuto nella scia di Carlo Ancelotti, che è stato prima suo compagno di squadra e punto di riferimento nel Milan e poi suo giocatore quando Carletto è passato dal campo alla panchina. Insieme hanno vissuto tante gioie e altrettante delusioni, su tutte forse quella della finale Mondiale di Usa 94 quando Ancelotti era vice di Sacchi alla guida di quella Nazionale sconfitta ai rigori dal Brasile nella finale di Pasadena.
Che impatto ha per il calcio italiano il ritorno in serie A di Ancelotti? «Stiamo parlando di un big. È come aver portato Messi o Ronaldo, perché stiamo parlando di uno tra i primi cinque allenatori d’Europa».
Cosa porta un allenatore come lui? «Innanzitutto una nuova mentalità di lavoro e poi l’impatto mediatico che un personaggio del genere ha».
Il Napoli migliorerà in… «Sicuramente in esperienza, ma non è solo questo il punto».
E cosa? «Porterà equilibrio a una piazza che alle volte si è fatta trascinare dagli eventi».
Ovvero? «Dovrà sapersi adattare all’ambiente, questo è certo, ma il suo apporto sarà quello della gestione dei momenti più delicati della stagione».
Si spieghi. «Il Napoli ha perso l’ultimo campionato per la mancanza di equilibrio nel momento di flessione fisiologica che c’è durante una stagione. Con Ancelotti sarà il gap da colmare e lui è maestro in questo. Gli azzurri non sono mai stati inferiori alla Juve, ma hanno perso dei punti per strada e chi invece ha esperienza per gestire queste fasi riesce a portare a casa quei punti che alla lunga si rivelano decisivi».
Diceva anche del rapporto con la piazza, cosa intende? «Carlo porterà equilibrio in una città che vive sulle ali dell’entusiasmo della gente e per lui questo sarà un grande stimolo, ma sono sicuro che sarà bravo a gestire la pressione perché è uno che sa adattarsi a tutte le circostanze. Le novità che porterà non sono solo quelle di campo ma anche di gestione dell’ambiente. Da questo punto di vista penso proprio che può far crescere anche la modalità di approccio della piazza perché sappiamo tutti che a Napoli ci si entusiasma e ci si deprime rapidamente. Ma non sarà l’ambiente a doversi adattare a lui, perché Carlo è così bravo da farlo sembrare naturale».
Ma si aspettava che potesse davvero allenare il Napoli?
«In realtà no e devo fare i miei complimenti al presidente De Laurentiis perché a questo punto mi rendo conto che abbia saputo trovare gli stimoli giusti per motivarlo».
Fino a un paio di mesi fa si parlava di Nazionale per lui e invece… «Ha preferito il Napoli».
Come mai secondo lei? «Evidentemente preferisce ancora il lavoro quotidiano e poi una piazza come Napoli ti regala degli stimoli unici».
Tipo? «A Napoli sono sempre andati vicino ma non hanno vinto e vincere può essere uno stimolo».
Quindi si aspetta subito un campionato da prima della classe? «Una cosa è certa: Carlo è venuto a Napoli per vincere, non solo per fare bene. Vuole portare il Napoli alla vittoria e poi eredita un ottimo lavoro del suo predecessore Sarri».
Per farlo, però, avrà anche bisogno degli uomini giusti. «Avrà chiesto le garanzie del caso per vincere. E quando una società punta su Ancelotti anche i giocatori capiscono il messaggio. E parlo sia di quelli che sono già in rosa che di quelli che potrebbero arrivare dal mercato».
A questo punto pensa che il Napoli agirà in maniera decisa anche sul mercato? «Tutti i giocatori che ha allenato lo vedono come un faro perché si mette al loro stesso livello, trasferisce loro le sue idee e ne intercetta le qualità migliori. Questa è una qualità che piace e che ovviamente attira tanti top player».
Idee sul modulo? «Non ne ha una in particolare: in ogni squadra si è adattato valorizzando i giocatori migliori e penso che a Napoli farà lo stesso».
Lei che ricordi ha di Ancelotti allenatore? «L’ho avuto poco come allenatore ma è stato il mio maestro in campo quando era giocatore».
Ci racconti. «Al Milan ho preso il posto suo nelle gerarchie della squadra e già a quei tempi si vedeva che era un allenatore in campo. Prima di tutto mi ha contagiato facendo crescere in me la voglia di proseguire la carriera di calciatore: merito della sua grande autoironia e dell’autocritica che ti porta al miglioramento. E poi credere nel lavoro. Da calciatore ha subito tanti infortuni ma è sempre ripartito. Poi a fine carriera si è posto degli obiettivi ancora più alti».
Ricorda anche il periodo in Nazionale? «Quando ha smesso ha fatto subito l’esperienza da vice di Sacchi con l’Italia e ricordo che in occasione del Mondiale degli Stati Uniti nel 1994 fu proprio lui a comunicarmi personalmente la convocazione. Sacchi conosceva il tipo di legame che ci univa perché Ancelotti è stato il mio vero insegnante».
Che difficoltà potrebbe avere a Napoli? «Il fatto che non scende lui in campo e dovrà trovare l’alchimia giusta tra dirigenza, tifosi, media e squadra. Ma sono certo che avranno già fatto una pianificazione dettagliata».
Quindi si aspetta una crescita anche nella comunicazione? «Ancelotti è bravissimo anche nelle conferenze stampa. Sa tenere il giusto equilibrio e può sollevare l’ambiente nei momenti di depressione. Il campionato non lo vince il più forte ma chi gestisce meglio i momenti di calo fisiologici. Anche la Juve l’ha avuto e la gestione di quei momenti l’ha portata a vincere. Il Napoli, invece, avrebbe potuto arrivare con qualche punto in più se avesse avuto maggiore maturità, cosa che adesso con Ancelotti verrà naturale».
La Redazione