Allegri/Sarri . Il pensiero di Di Biasi: «Il gioco è la base ma il risultato…»
L’ex ct dell’Albania Di Biasi, in un’intervista al Corriere dello Sport, è legato ad entrambe le filosofie di calcio e pone l’accento anche sulla possibilità di disporre di campioni
ono convinto che il gioco ti aiuti, è la parte fondamentale del nostro lavoro. Lo dico anche perché, ahimé, non ho mai potuto allenare grandi squadre con grandi campioni. Le mie esperienze mi portano a questo concetto: il gioco è alla base di tutto. E in questo senso credo che i due allenatori in questione, diciamo le due correnti filosofiche, abbiano dei punti in comune. Tutt’e due tendono al risultato, anche se ognuno lo cerca attraverso le proprie idee o le caratteristiche dei giocatori. Lo spartito e l’organizzazione aiutano la squadra e i singoli giocatori a dare il meglio di loro stessi ma al tempo stesso, se devo raggiungere il risultato, sacrifico anche alcuni atteggiamenti tattici per portare a casa la vittoria. Per questo sono convinto che la cosa migliore, per un tecnico, è legare le due filosofie. Il mio modo di pensare è a metà strada fra quello di Allegri e quello di Sarri.
LA DIFFERENZA.
Vediamo la Juve di Allegri: lui sa per primo, e lo dice apertamente, che alla fine sono i giocatori a fare la differenza. Sotto questo profilo ha ragione completa. Vediamo invece il Napoli di Sarri: nemmeno a lui mancano i grandi giocatori, se invece avesse undici scarsi non riuscirebbe a farli giocare come gioca la sua squadra. Tutt’e due, da buoni toscani, hanno il cervello fine, la differenza è che Allegri sa tirare fuori dai giocatori a sua disposizione il massimo, senza stressarli più di tanto. Perché mettere dei campioni assoluti, come quelli della Juve, all’interno di un gioco organizzato non è semplice. Devi avere il loro consenso anche solo per provarci. A quel punto bisogna costruire il gioco che conoscono meglio integrandolo con delle scelte proprie, scelte che dovranno essere le più equilibrate possibili per far restare in piedi la squadra. Chi avrebbe mai fatto giocare Mandzukic esterno sinistro dopo una carriera da centravanti? Quella non è solo una intuizione tattica, è soprattutto la capacità di convinzione di un allenatore nei confronti di uno dei suoi giocatori più importanti. E se Mandzukic non avesse accettato, probabilmente sarebbe finito fuori squadra. Sarri è un ottimo insegnante di calcio, un bravissimo maestro e io sposo la sua linea. Ma per riuscire in quel tipo di lavoro devi avere una società che ti aiuta, altrimenti è un problema serio.
GIOCARE MEGLIO SI PUO’
La Juve per certi aspetti potrebbe giocare un calcio un po’ più veloce che non significa gioco offensivo perché sarebbe una bestemmia visto che a San Siro contro l’Inter un’ala come Cuadrado ha fatto il terzino. Potrebbe avere una maggiore organizzazione offensiva, lasciando un po’ meno spazio all’invenzione dell’ultimo momento. Però se arrivano i risultati, questi discorsi non contano: cosa vogliamo dire a una squadra e a un allenatore che hanno vinto scudetto e Coppa Italia e che a 30 secondi dalla fine stavano vincendo 3-0 a Madrid contro il Real? Il Napoli è una cosa diversa: c’è un allenatore con una sua idea di gioco, un gruppo di giocatori ormai affiatati con una straordinaria conoscenza reciproca e con movimenti ormai codificati. Forse il Napoli potrebbe fare un po’ più di turn-over, ma lo dico da fuori perché solo Sarri può sapere quanto i giocatori hanno bisogno di rifiatare.
IL MODENA E L’ATLETICO.
Si dice spesso che serve molto tempo per dare un gioco bello e organizzato a una squadra, ma io non sono d’accordo. Il mio Modena giocava un calcio organizzato col 3-4-2-1 perché le mie idee, il mio sistema di gioco, si erano sposati con le caratteristiche dei giocatori. Ma ci deve essere sempre la disponibilità dei giocatori che devono condividere quelle idee, altrimenti non ci riesci. Oggi la squadra che meglio unisce le due linee di pensiero di Allegri e Sarri è probabilmente l’Atletico Madrid: vince sapendo difendere, soffrendo e giocando anche in attacco.
La Redazione