Quattro Pizze per quattro Palazzi. A Frattamaggiore evento gastronomico per valorizzare monumenti
Quattro pizze in omaggio ad altrettanti palazzi importanti di Frattamaggiore. È questo il leitmotiv della serata del prossimo 16 maggio quando, a partire dalle ore 19, andrà in scena il grande evento food al PalaPizza – Il Palazzo della Pizza di Enrico di Pietro. Una serata che unirà l’enogastronomia alla cultura. “Preparerò quattro tipi di pizze diverse – dice Di Pietro – con i nomi di quattro monumenti importanti del paese. La Pizza del Vicario a base di nzogna e pepe, quella del Vescovo con con passata di pomodoro pelato giallo di Solania e provolone del Monaco Dop, quella del Cannavaro con farina di canapa, salsiccia di maialino nero casertano e provola di Agerola e quella del Borghese, una sfoglia di pizza con impasto, doppia cottura con aggiunta di bocconcini di bufala, pomodoro ciliegino basilico e parmigiano”. Assicurata anche la presenza del sindaco di Frattamaggiore, Marco Antonio Del Prete, del presidente dell’Istituto di Studi Atellani, Francesco Montanaro e di Vincenzo Peretti, direttore del Consorzio del Provolone del Monaco Dop.
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La serata è su accrediti.
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ELENCO PIZZE
Pizza del Vicario: Nzogna e pepe, ingredienti molto poveri che richiamano periodi di carestia e di malattie. Al grasso animale rappresentato dalla sugna si abbinavano le spezie. È una pizza che rappresenta i primi sapori che si sono accoppiati ma che anche oggi riscuote il suo successo.
Pizza del Vescovo: Salsa di pomodoro giallo e provolone del monaco Dop. All’epoca si parla dei primi pomodori gialli dei quali si temeva la commestibilità, addirittura si pensava fossero velenosi per cui venivano utilizzati come piante ornamentali. È una passata di pomodorini gialli abbinata a fiordilatte e al provolone del monaco che ne risalta il sapore.
Pizza del Cannavaro: farina di canapa che richiama il prodotto tipico dei proprietari dello stabile a cui si aggiunge un impasto di salsiccia di maialino nero di pura razza casertana selezionata e la provola di Agerola.
Pizza del Borghese: la più vicina ai nostri tempi ma solo per ragioni storiche. Si tratta di una sfoglia di pizza da 120 grammi napoletana con impasto a meno 30 ore di lievito maturazione, con doppia cottura con aggiunta di bocconcini bufala sciolti pomodorini ciliegino, basilico e parmigiano.
ELENCO PALAZZI
Palazzo del Vicario: è l’unico fabbricato, non ecclesiastico, nella città di Frattamaggiore a essere stato dichiarato “di interesse particolarmente importante e sottoposto a disposizioni ministeriali di tutela integrale”. L’edificio nel 1493 per circa 10 mesi fu sede del Vicario del Re a causa di un’epidemia pestilenziale che colpì Napoli e che costrinse a delocalizzare le funzioni principali tra cui il tribunale della Vicaria. Il palazzo, che era allocato in posizione strategica rispetto alla città e alle strade di collegamento con la capitale, dallo studio dell’organizzazione del tribunale della Vicaria nel periodo del viceregno spagnolo, doveva essere capace di accogliere il Vicario col seguito, i cancellieri, le guardie e disporre di stanze da adibire a carceri che dovevano ospitare, almeno in via provvisoria, gli imputati prima che venissero giudicati per poi essere impiccati nella piazza antistante o riportati nelle carceri della capitale. Doveva quindi trovarsi in prossimità di un abitato che potesse ospitare per un periodo imprecisato tutte queste persone ed essere in grado anche di sfamarle. Fu così scelto il palazzo appena fuori dal costruito della città ma sulla strada principale proveniente da Napoli e da cui si potesse raggiungere agevolmente anche Aversa, città in cui si stabilì la corte reale fuggita col suo seguito da Napoli appestata nel marzo del 1492.
Palazzo del Vescovo: di proprietà della famiglia Lupoli, è un palazzo settecentesco costruito da questa grande famiglia di commercianti di vino che vantano però tradizioni ecclesiastiche, ben tre vescovi Vincenzo, lo zio, valente teologo e giurista, fu Vescovo di Telese e Cerreto Sannita e creatore anche del Codice di San Leucio. A lui è stata intitolata una strada della città di Caserta. Poi due fratelli: Raffaele e Michele Arcangelo. Il primo, che fu discepolo di Sant’Alfonso Maria dei Liguori e poi Vescovo di Larino, fu tumulato in Cattedrale, ma nel 1854, per la sistemazione del pavimento, la sua sepoltura venne aperta e le sue ossa andarono a ruba, quali preziose reliquie, anche se subito restituite in seguito alla minaccia di scomunica per i detentori delle stesse. Il secondo fu letterato e latinista, figlio di Lorenzo e di Anna De Rosa, fu Vescovo di Montepeloso, poi di Conza e Campagna e infine Arcivescovo di Salerno. È sepolto nel Duomo di Salerno, in una sontuosa tomba. A lui è stata intitolata una strada del Comune di Frattamaggiore.
Palazzo del Cannavaro: di proprietà della famiglia Ferro, antica famiglia frattese che si sarebbe trasferita in Frattamaggiore provenendo da un ramo di Napoli e Terra di Lavoro (molto famoso per avere goduto d’infiniti favori e stima prima da parte dei Normanni, e poi dai Reali Svevi, Angioini ed Aragonesi). La presenza dei Ferro è segnalata già nel 1522 e nel 1577 rispettivamente con Troiano e Giovan Domenico Ferro; inoltre nel 1575 (sempre dai documenti del tempo) si ha Gratiano Ferro, egli pure frattese, che fu Camerario e Camerlengo dell’Università di Frattamaggiore. Della famiglia il più conosciuto è Francesco Ferro che dette un grande impulso alla propria attività tessile di produttore di canapa e che lo portò a essere conosciuto in Italia e in Europa prima e dopo l’Unificazione, nonostante le proprie idee liberali gli avessero creato non pochi problemi durante il Regno.
Palazzo del Borghese: detta anche Villa Cirillo è di proprietà della famiglia Cirillo, commercianti di legnami, ed è la massima espressione architettonica del novecento a Frattamaggiore. Costruita nel 1937 in stile neorinascimentale (ma dopotutto con alcuni significativi inserti “liberty” come le fasce fitomorfe sulla facciata) caratterizzata per il resto da due torrette che affiancano il corpo di fabbrica centrale. Un’ultima nota per ricordare che relativamente alla distribuzione planimetrica, il “liberty” non apporta nessun cambiamento sostanziale rispetto alla casa padronale dei secoli precedenti, di cui riprese peraltro, quasi alla lettera, l’impostazione: classico ingresso non ampio, poi salone di ricevimento, in genere invece molto largo e lungo da quest’arioso spazio si passava, quindi, al salotto privato e oltre ancora, alla camera degli sposi cui si affiancava il “bondoir” o letto secondario e lo studiolo del padrone di casa.