De Giovanni al Cds: “Dopo Inter-Juventus, mi sarei aspettato una mossa da parte di De Laurentiis”
Eccolo qua lo scudetto a Napoli: è raccolto in trecentosessanta pagine che dominano la classifica dei libri più venduti in Italia. Eccolo là lo scudetto che Maurizio De Giovanni, intervistato dal CdS, – uomo colto, di successo, scrittore di fama mondiale e tifoso – si ritrova incollato alla maglietta con «Sara al tramonto», l’ultimo suo capolavoro letterario, che gli offre una felicità diversa («e pensi: avrei barattato questo con quello») e non placa l’amarezza, si potrebbe dire il dolore, d’essersi scoperto vittima del noir del campionato.
Lo stato d’animo di un personaggio di cultura, che ha un cuore che batte, è diverso? «Io sono incazzato e basta, perché è stato strozzato un sogno a generazioni che non l’hanno mai vissuto. Io ho visto lo scudetto, ne ho goduti due, ma a mio figlio ventinovenne, ingegnere aereospaziale, glielo hanno tolto dall’anima».
Lei con De Laurentiis si è mostrato sempre severo, il san Paolo si è persino schierato contro. «Non mi appassionano gli striscioni e i cori offensivi, mi delude la strategia comunicativa della società. Io la domenica mattina di Fiorentina-Napoli mi sarei aspettato che qualcuno del club, magari De Laurentiis in persona, andasse in video e dicesse: ieri sera abbiamo assistito, in Inter-Juventus, ad uno degli spettacoli più indecorosi del calcio italiano, una clamorosa ingiustizia perpetrata sotto gli occhi di 40 telecamere e trasmessa in Mondovisione».
Però uno stadio che attacca il presidente d’un club protagonista da anni sembra un paradosso. «Io sono grato a De Laurentiis, a Sarri e ai suoi ragazzi di quello che hanno fatto: hanno costretto il Sistema ad usare gli anticorpi, perché a Torino il Napoli aveva praticamente vinto lo scudetto ed è stato necessario inoculare un batterio affinché ciò non accadesse. Ora sappiamo che in Italia non ci potrà mai essere un Leicester. Però il Napoli è silente: nessuno conosce la voce di Giuntoli, ad esempio, ma la Juve manda a parlare Marotta, Paratici e Nedved. E una società di questo spessore, rappresentata da una città che non ha eguali per passione, non può separarsi dalla propria gente: il calcio è un processo identitario, non va gestito come un’azienda di bulloni».
De Giovanni cosa chiederebbe a De Laurentiis? «Non certo di comprare Cristiano Ronaldo, né di fare più di quello che sia consentito fare dalle proprie forze: ma ci sono momenti in cui servono autorevolezza e decisione per fronteggiare il Potere e tacere significa lanciare un messaggio inappropriato ai tifosi. Noi siamo parti lesa, noi e il Napoli».
Lei rientra tra gli innumerevoli estimatori di Sarri: cosa s’aspetta da qui al 31 maggio? «Che resti, perché conviene a lui e a De Laurentiis. Un progetto del genere ha bisogno di periodi fisiologici, mentre qui si partirebbe dall’alto: il presidente non dovrebbe cercare un altro tecnico e Maurizio non avrebbe bisogno di dover aspettare, perché il suo calcio germogli. Si parlino, si confrontino, l’allenatore dia le indicazioni che ritiene giuste e magari si impegni a utilizzare in maniera più ampia l’organico. Ma sono fatti per stare insieme».
La Redazione