Lo sguardo è spento: e nei riquadri della memoria, mentre il sipario sta per calare, ci sono trentasei domeniche che Maurizio Sarri attraversa, una per una, per tentare di farsene una ragione, razionale e anche logica, e darsi le risposte, ma le più convincenti. «Abbiamo fatto qualcosa di straordinario, però se spezzetti il campionato e vai alla trentacinquesima, ti accorgi che, togliendo le differenze di orario, dal 43′ di Inter-Juventus al 5′ di Fiorentina-Napoli, siamo passati dal possibile sorpasso alla consegna dello scudetto. E comunque, io preferisco giocar bene». C’è un anno rinchiuso in quel fotogramma: e li chiamerete rimpianti o analisi o radiografie, però è un tormento che resta, un interrogativo che rimarrà inevaso, e concederà al Napoli solo la soddisfazione d’essere stato protagonista: «Perché noi a Firenze ci siamo andati con la morte nel cuore e l’espulsione di Koulibaly ha poi reso quella montagna impossibile da scalare. Quando perdi devi stare zitto, ma il contraccolpo psicologico c’è stato, ora non lo posso nascondere. Ma se avessi vinto, due o tre cose le avrei raccontate».
Fonte: CdS