Gianluca Vialli è in partenza per l’Italia: oggi sarà a Sky per commentare Juve-Napoli. Prima di imbarcarsi, si dedica alla Gazzetta.
Gianluca, una partita-scudetto nelle ultime giornate è rara.
«È raro che tutto il campionato sia ancora in bilico, dalla testa alla coda. Poi Juve-Napoli è una sfida bellissima: sarebbe stato meglio se fosse stata alla penultima, ma va bene anche così. È bello per chi guarda, ma è bello soprattutto per chi gioca: lo scudetto è lì, in campo, il migliore se lo cuce sul petto».
Lei ha giocato una partita-scudetto?
«Con la Samp a San Siro nel ‘91 contro l’Inter vincemmo 2-0 alla quartultima e in pratica conquistammo il titolo. Poi nel ‘95 con la Juve vincemmo lo scudetto battendo in casa il Parma secondo alla terzultima».
Alla Juve basta il pareggio?
«Se vince, è finita. Se pareggia, quasi: può perdere con Inter o Roma, oppure pareggiare con entrambe. Se vince il Napoli, invece, si ribalta tutto anche se la Juve resterebbe padrona del suo destino. Ma a quel punto il Napoli le vincerebbe tutte: camminerebbe sull’acqua… E per la Juve vincere a San Siro e all’Olimpico sarebbe difficile».
Tatticamente che partita sarà?
«La Juve è difficile da affrontare quando ha due risultati su tre a disposizione. Allegri è pratico, avrà detto alla squadra che la prima cosa è non perdere. E in questi casi la Juve è pericolosissima perché si stringe dietro, copre ogni spazio e sa quando colpire. La Juve in casa è quasi imbattibile, il Napoli in trasferta non perde da una vita: viene spontaneo pensare a un pareggio».
La Juve dà l’impressione di alzare l’asticella quando conta. Si spiega anche così il down di Crotone?
«Sì. Dopo sei scudetti di fila è complicato prepararsi bene per le partite facili e non a caso Allegri alla vigilia di questi incontri ne sottolinea sempre l’importanza. Il Napoli con il suo gioco codificato non ha grossi problemi nel superare le barriere di avversari chiusi in difesa. La Juve dà il meglio contro squadre dello stesso livello».
Se non contiamo lo scontro diretto dell’andata, la differenza è di un solo punto. Merito del Napoli, demerito della Juve o fotografia esatta della situazione?
«La Juve sta facendo il suo, ma è surreale pensare che ci riesca ancora dopo sei scudetti. Il Napoli sta facendo più del potenziale, ma sa che questa è l’ultima chiamata: dopo anni in cui sfiori la vittoria devi centrarla, altrimenti bisogna ripartire in altro modo. Comunque è bello che decidano i due scontri diretti».
Senza Dybala la Juve ha più certezze e più logica, in questo momento?
«Questo non lo direi. Però io credo che Allegri parta con un centrocampo a tre, un centravanti e due esterni: Douglas Costa per far soffrire Mario Rui in fase difensiva e Mandzukic per sfruttare la differenza di centimetri con Hysaj».
Con Milik sempre a disposizione la classifica sarebbe diversa?
«Non credo, perché il Napoli ha avuto un calo nell’ultimo periodo e Milik era disponibile. Prima non c’era bisogno di lui, il Napoli era una macchina perfetta».
E’ una partita da numeri 9 (Higuain e Mertens), da 10 (Dybala e Insigne) o da altri numeri (Khedira, Hamsik)?
«Vincerà il gruppo che la interpreterà meglio nel suo complesso. Poi potrebbe esserci l’acuto di un singolo meno atteso, come Zaza nel 2016».
Luogo comune numero uno: queste partite si preparano da sole. Vero o falso?
«Falso. L’allenatore è fondamentale. La tensione gestita male abbassa il rendimento del 25%, gestita bene lo alza del 25%. L’allenatore è il leader delle menti: è determinante».
Luogo comune numero due: l’esperienza è decisiva. Vero o falso?
«Vero. Ti consente di gestire le emozioni: ti spaventi di meno, capisci i momenti della gara. Sai che devi partire bene».
Luogo comune numero tre: gli episodi fanno la differenza. Vero o falso?
«Abbastanza vero, ma attenzione: gli episodi te li crei. Se sei bravo, ti metti nella condizione di indirizzare gli episodi. Diceva il golfista Gary Player: “Più mi alleno, più divento fortunato”. È proprio così. Poi è importante quanto forte riesci a colpire, ma è fondamentale quanto riesci a stare in piedi se sono gli altri a colpire forte te».
Il Vialli giocatore si sarebbe trovato meglio con Allegri o con Sarri?
«Con Allegri, perché avevo bisogno di uscire dagli schemi. Ma nel pressing offensivo di Sarri mi sarei esaltato».
Come si pone nella querelle sul bel gioco di Sarri e sul pragmatismo di Allegri?
«È un dibattito interessante. Io penso che sul gioco dei due tecnici siano evidenti le influenze delle diverse estrazioni. Sarri non ha mai giocato a pallone, quindi ha un approccio scientifico al calcio: l’ha trasformato in una serie di schemi e giocate efficaci e spettacolari. La bravura di un allenatore sta nel trovare un metodo che ti consenta di trasformare la teoria in pratica. Andare a Castel Volturno è come andare a Palo Alto: si fa innovazione, creatività. Andare a Vinovo, invece, è come andare in un’azienda dove si fanno costantemente grandi numeri: lì si lavora per ottenere continuità nei successi, c’è meno creatività e più sostanza. Allegri ha giocato a calcio a certi livelli, ha un approccio diverso, più realista e pratico».
Insomma, due allenatori completamente diversi.
«Sarri è un direttore d’orchestra che consegna lo spartito ai musicisti e li dirige. La sinfonia è ottima. Allegri gestisce una band di jazzisti: c’è un indirizzo, ma poi loro trovano l’equilibrio tra disciplina e libertà. Ed escono magicamente tutti i suoni del calcio. Allegri non cerca il sistema di gioco, aspetta che gli appaia davanti durante la partita e in quel momento interviene. È lì che dimostra la sua creatività».
Momento quiz: quanti gol ha segnato Vialli al Napoli con la maglia della Juve?
«Non lo so. Un attimo… Ecco, ne ricordo uno al San Paolo: punizione all’incrocio. Una delle poche che Baggio mi lasciò tirare in quegli anni… C’era Galli in porta e mi stupii di aver segnato. Altri non ne ricordo».
Uno in casa, poi stop. Lei resta l’ultimo capitano della Juve ad aver sollevato la Coppa Campioni. Non ci sono riusciti Conte, Del Piero e Buffon. È una maledizione?
«Di questa cosa non voglio più parlare. Mi ero riproposto di non fare interviste nel caso la Juve fosse andata di nuovo in finale. Dico solo che allo Stadium c’è la mia foto mentre alzo la coppa e speravo che potessero mettere accanto quella di Gigi nella stessa situazione. Mi auguro che capiti a Chiellini, prossimo capitano».
Lei adesso sta lavorando a un programma particolare: History of Football, che andrà in onda su History Channel e che sarà un viaggio nei Mondiali di calcio. Ci racconta un ricordo da bambino davanti alla tv e un aneddoto da giocatore?
«Il ricordo da bambino è legato a Italia-Germania 4-3, Mondiale ‘70. Nella partita precedente mio padre non mi aveva svegliato e io mi ero arrabbiato. Quella notte mi mise sulla poltrona davanti alla tv, mi svegliai al primo gol azzurro e poi vidi tutta la partita. Mi considero fortunato per averla seguita in diretta. L’aneddoto riguarda Italia 90 e il rigore sbagliato con gli Usa: il rumore della palla che colpisce il palo non mi è ancora uscito dalla testa».
Vialli, un Mondiale senza l’Italia è come…?
«Un panino senza la Nutella. Sarà un’estate dura e complicata. Ci appassioneremo a squadre diverse, ma non potrà mai essere la stessa cosa».
Fonte: Gazzetta