L’intervista – P. Rossi a Il Mattino: “Potessi scegliere, giocherei con Sarri; Il Napoli non ha un piano B!”

Paolo Rossi da Prato, classe 56, il mito dell’estate 1982 quando dopo i suoi gol al Mondiale in Spagna il mondo del calcio non fu più come prima: cambiato, ribaltato, rivoluzionato. Ha vinto due scudetti con la Juventus, la prima Coppa dei Campioni della storia bianconera e anche una Coppa delle Coppe.
Pablito, chi farebbe giocare: Milik o Mertens«Credo che sia una questione di tenuta fisica: ho visto il polacco giocare sia contro il Milan che contro l’Udinese e mi pare che abbia superato gli imbarazzi che ogni infortunio di quel tipo si porta dietro per un po’. A questo punto farei giocare chi mi dà maggiori garanzie sotto l’aspetto della corsa, dello scatto, della reattività e della condizione».
Dunque, il polacco? «Direi di sì. Senza dimenticare che Mertens è stato uno dei trascinatori nella parte iniziale della stagione. Ma negli ultimi tempi l’attacco degli azzurri mi è apparso un po’ in ombra: penso alla partita con l’Inter, quella col Sassuolo o quella col Milan. È stato Milik a dare la scossa in certi momenti delle ultime gare».
Allegri cambierà schieramento a seconda se gioca l’uno o l’altro? «Non credo che sia una questione di uomini. Massimiliano sa che il Napoli giocherà con il 4-3-3 e il suo schieramento sarà legato esclusivamente a questo aspetto».
Sarri se la passa peggio: difficile capire il modulo bianconero. «Ma non credo che se ne importi più di tanto. Il tecnico del Napoli ha la sua convinzione e fonda tutto il suo calcio sulla bontà del gioco. Un uomo a centrocampo in meno o in più non lo spinge di certo a cambiare, non mi pare che gli azzurri si siano mai adattati agli altri, né al Manchester City, né al Real Madrid lo scorso anno». 
Ma si gioca tutto in 90 minuti? «Tutto no ma molto sì. Lo dicevo da tempo che questo faccia a faccia sarebbe stato in un modo o in un altro decisivo. Se vince la Juve, il campionato è finito. Altrimenti, prepariamoci a una grande volata».
Una volata tipo ciclismo: è avvantaggiato chi parte da dietro? «Il Napoli ha qualcosa in più per un aspetto: non ha nulla da perdere. Non credo che ci sarà qualcuno che potrà rimproverare agli azzurri qualcosa, sono protagonisti di un’annata fantastica, con 81 punti conquistati. Al contrario della Juve: non vorrei essere nei panni dei bianconeri se dopo la delusione di Madrid dovesse arrivare anche una caduta contro gli azzurri. E per di più in casa».
Può pesare questo pensiero nella testa di Chiellini, Buffon e di tutti gli altri? «Qualche sicurezza l’hanno persa dopo il Bernabeu, la prova di Crotone ne è la riprova. Un pizzico di timore è normale portarselo dentro, anche se conosco l’ambiente della Juve, la mentalità è la stessa degli anni 80. Sono cambiati i dirigenti, ma non certo la loro cultura».
E il Napoli? «Ha l’entusiasmo, ha la spensieratezza di chi può entrare nella storia, di chi può fare la grande impresa. È vero che l’obiettivo della squadra e di Sarri è lo scudetto perché per arrivare fino a questo punto, la squadra ha abbandonato anche le coppe, rimediando anche delle critiche ingiuste».
Sarri dice che sarebbe contento di battere il record dei punti. «Ma che obiettivo è a questo punto della stagione? Non ci credo, lo dice perché vuole gettare acqua sul fuoco delle aspettative. La squadra è competitiva per lo scudetto. Può farcela».
E se finisse pari? «Fossi in Sarri non mi darei per spacciato. La Juve ha due partite complicate con Inter e Roma e quindi non è che le chance diventerebbero zero».
Cosa le piace della Juve di Allegri? «Innanzitutto, il fatto che abbia sempre la testa in tutto. Non è facile avere la concentrazione alta ogni volta che si va in campo, anche in Coppa Italia, senza mai trascurare nulla. È una squadra che non molla mai e, anche quando viene meno nel gioco, in un modo o nell’altro trova il modo di risolvere gli imbarazzi».
C’è dell’altro? «La rosa lunga. Hanno avuto tanti infortuni, ma chi se ne è accorto? Ha due squadre e la seconda squadra può qualificarsi tranquillamente per la Champions».
E il Napoli di Sarri? «È la novità degli ultimi anni, il suo gioco è diverso da tutto quello che si è visto di recente, innovativo, moderno. E poi è un calcio che vince, 81 punti non sono una cosa semplice da conquistare».
Il punto debole degli azzurri? «Non hanno un piano B. Hanno un piano A: giocare sempre all’attacco. Se Allegri, in un momento, prende e cambia anche più di un modulo nel corso di una sola gara, invece il Napoli è quello. Punto e basta».
Dove si decide? «Ho visto Mertens, Callejon e Insigne un po’ in difficoltà negli ultimi tempi. E la gara si decide là davanti perché se il Napoli ritrova i suoi automatismi offensivi per la Juve son dolori. E dalla parte opposta, Higuain e Mandzukic sono due incubi».
Domani lei con chi si vedrebbe meglio, con la maglia della Juve o con quella del Napoli? «Con Sarri. Invidio gli attaccanti del Napoli. In un contesto simile mi sarei divertito davvero molto».
40 anni dopo finalmente la indossa la maglia azzurra? «E lo farei volentieri, perché immagino la gioia di giocare al centro di un attacco come quello del tecnico toscano».
Pure lei aveva compagni niente male: Boniek, Platini, Bettega… «E infatti non ero mica il finalizzatore. Non ero l’Higuain di turno che sta lì ad aspettare la palla-gol».
Come finisce? «La testa avrà un ruolo importante: il Napoli è più motivato, ha più voglia. Ma la Juve ha l’abitudine a giocare questo genere di gare. Vive per questo tipo di attese. Fa parte del suo Dna».
La sua speranza? «Che non decida nulla il Var. Anche perché davvero non ho capito ancora quando e come gli arbitri devono andare a vedere il monitor…».
Ai suoi tempi, era un bel duello. «Soprattutto al San Paolo dove venivamo travolti dalla passione dei tifosi. Andavamo lì sapendo che avremmo sofferto. E non mi sbagliavo mai».

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