Tratto dalla lunga intervista rilasciata da Altafini al CdS (QUI L’INTERA EDIZIONE)
Qual è il primo pallone che Josè Altafini ricorda?
“Il primo pallone non esisteva perché noi non avevamo soldi. Abitavo in una città di duecentomila abitanti fuori San Paolo, in Brasile. Noi bambini giocavamo a piedi nudi e l’unico che aveva un pallone era il figlio di un droghiere, il cui soprannome era Foca. Noi pendevamo dalle sue labbra ogni pomeriggio. Lui non era appassionato di calcio, era uno che stava bene, aveva il benessere che noi non avevamo e se ne fregava di noi. Dovevamo sempre andare a cercare Foca per giocare. Per invogliarlo gli dicevamo che lui era il più forte della squadra, gli facevamo tirare rigori, calci d’angolo, falli laterali, tutto. Lo incensavamo dicendo “Tu sei uno dei più forti giocatori del Brasile”. Ma lui a un certo punto si scocciava, prendeva la palla e voleva andare via. Lo imploravamo chiedendogli di giocare ancora un po’ ma lui andava via e noi palloni non ne avevamo. Io avevo una pallina da tennis spelacchiata con cui giocavo dalla mattina alla sera contro il muro di casa. Ma poi successe una cosa: Foca una volta è andato in un circo e si è innamorato dello spettacolo circense. Nel cortile di casa sua aveva un albero grandissimo di mango. Era talmente impazzito per gli acrobati che costruì un trapezio. Per poter utilizzare quel benedetto pallone noi dovevamo fare i pagliacci del circo, per Foca, sul trapezio. Eravamo ricattati”.