L’opinione di Ciccio Marolda
“Sempre più difficile. Come quel film di tant’anni fa. E in questo Napoli che dalla maledetta sconfitta con la Roma vive di stenti e d’espedienti, qualcuno col profilo di Sua Eccellenza di Falcomarzano sicuramente c’è. Ma a che serve. Il tempo passa e il sogno resta sogno per colpa del conto che non torna. Sei partite, le ultime sei, raccontano di nove punti su diciotto e di sei gol fatti e altrettanti presi. E di errori in campo e fuori: tecnici e di scelte. O di non scelte, chi lo sa. Comunque sia, è un altro Napoli, questo. Di sicuro non quello bello e celebrato che ci voleva in questo finale di stagione e neppure più quello a immagine e somiglianza del suo allenatore. E non è una consolazione il passo avanti nella prestazione.
E allora, da dove si riparte dopo questo pari che sa di delusione e molto più? Dal non mollare sino all’ultima speranza, questo è certo, ma se si lancia già lo sguardo al di là di questo campionato non si sbaglia. Ad esempio: nei prossimi cinque anni Aurelio De Laurentiis metterà pesantemente mano al portafoglio. L’ha detto lui. Ha detto che vuol regalare al Napoli uno stadio nuovo e un centro sportivo tutto suo. Bene. Bravo. Era tempo. Perché uno stadio confortevole e capace di produrre reddito è condizione irrinunciabile per la crescita di un club. Soprattutto d’un club come quello azzurro che s’autofinanzia e che, quindi, deve saper trovare risorse nuove e fresche se vuole darsi davvero un’altra dimensione. Si dirà che vincere aiuta a vincere e anche a guadagnare. Ed è vero, ma chi non ha uno stadio e vive di quello che sa fare in campo e basta non può permettersi di rinunciare a niente. Come ad esempio al massimo possibile dei ricavi della Champions che nel calcio è il bancomat più ricco che ci sia. Un anno fa, superando appena i gironi (e con in gioco solo un’altra italiana e non due come stavolta) il Napoli alla fine mise in tasca sessantasei milioni: una fetta importante del proprio fatturato. Quest’anno, rinunciando di fatto ad andare avanti, alla fine ne incasserà meno della metà. E così non va. Così i fatturati cari a tanti non basteranno mai per migliorare la rosa, aumentare gli ingaggi e con gli ingaggi la competitività. Insomma, gli uomini di campo dovrebbero capire – e sapere – che non si possono chiedere al club ricchi investimenti se poi non si partecipa coi buoni risultati all’incremento dei ricavi”.
CdS