Sacchi: “Ma quale scudetto. Di quello che sta facendo Sarri se ne parlerà per 40 anni”

Sacchi cambiò il modo di giocare il calcio, un suo giudizio è legge. Ecco cosa pensa di Sarri

 

«Lo scudetto? Ma perché c’è qualcosa di più prezioso di quello che il Napoli di Sarri sta lasciando nella storia del calcio e per cui si parlerà ancora nei prossimi 40 anni? Uno stile di gioco che dovrebbe rendere orgogliosi tutti i tifosi del Napoli e che rende questa squadra già campione. Perché lo diceva Nelson Mandela: Io non perdo mai: o vinco, o imparo. In un calcio offensivo e generoso come quello di Sarri è sempre così».

Arrigo Sacchi è l’uomo che con il Milan ha portato il calcio nell’era moderna. E continua a guardare con ammirazione la squadra del tecnico di Figline, l’uomo che sta portando il Napoli nel futuro.
Proprio dopo la vittoria del suo Milan sul Napoli, il primo maggio del 1988, giusto trent’anni fa, ha avuto inizio la leggenda di Sacchi.
«Ma solo per quelli che credono che il risultato sia tutto e che quindi quel successo al San Paolo sia stato determinante. Ma noi avremmo in ogni caso lasciato il segno per quello che avevamo mostrato in quella stagione. Avevamo dato spettacolo con la nostra coralità, con la nostra voglia di divertire, con una cultura che in quegli anni vedeva la furbizia dominare sulla gioia di giocare. Il 3-2 di quella domenica è stato il normale coronamento di quello che avevamo mostrato in quell’anno straordinario. Vinse la squadra più forte, quella che meritava di più».
A Napoli sono sempre convinti che la squadra più forte fosse proprio quella con Maradona, Careca, Giordano…
«Era una formazione piena di campioni. Ma dimenticate che in quell’anno noi perdemmo una gara a tavolino con la Roma per un petardo lanciato da un tifoso e gli azzurri ne vinsero una a tavolino a Pisa per la famosa rondella che colpì Renica. Tutte cose che con il calcio e con il campo non avevano nulla a che fare».
Domenica si gioca Milan-Napoli al Meazza. Ricorda i duelli degli anni 80 in cui entrambe erano in lotta per lo scudetto?
«La prima volta arrivò dopo il Natale del 1987. Noi stavamo facendo passi da gigante. Durante le feste avevamo giocato un’amichevole a Bologna dove c’era Pecci e lui disse: Con Maradona vedrete come sarà dura. Io gli risposi Vedrai come sarà dura per loro…. Dopo un quarto d’ora circa in cui non entrano mai nella nostra metà campo, Diego si inventa una accelerazione, ne scarta due o tre, libera Careca che conclude esattamente come avrebbe dovuto concludere: con un tiro da campione. Io mi volto verso la panchina quasi disperato: questa è una ingiustizia. Meno male che poi rimontammo e vincemmo».

Cosa la fa infuriare di più?
«Bisogna raccontare le cose in modo corretto: nel 98 allenavo l’Atletico Madrid e ospitammo l’Athletic Bilbao che era allenato dal francese Luis Fernandez. Finì 0-0: fecero un simile catenaccio, senza fare un solo tiro che il giorno dopo Marca pubblicò la foto di una grande porta con un pullman piazzato davanti con la caricatura di Fernandez e dei suoi 11 giocatori con filo spinato, baionetta, giubbotto antiproiettili, elmetto in testa. E sotto in grande la scritta: «Una verguenza, eso no es futbol». Ecco, domenica ho visto in serie A partite dove squadre che hanno dominato hanno perso. E ho visto i voti ai loro allenatori: quelli che hanno vinto facendo un mezzo tiro in porta lo hanno avuto più alto dell’altro. Così non si cresce…».
Ce l’ha con Torino-Inter?
«Non solo. Anche Milan-Sassuolo. Anche il Chievo. Il voto di Sarri sarebbe stato lo stesso se non avesse fatto gol Diawara al 94′?»

.Gattuso sulla panchina del Milan è l’uomo giusto?
«Gattuso ha valori umani unici e sta facendo un buon lavoro».

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