Quello è un capitale umano (e calcistico) che va oltre i trentatré milioni di euro: e ci ritrovate dentro questo gigante d’un metro e ottantasette, non solo l’essenza d’un centravanti antico e anche moderno, ma la sensibilità d’un ragazzo che per due volte s’è ritrovato dentro ad un tunnel e quando è uscito dalla sala operatoria, un ginocchio e poi l’altro ricostruito, ha lasciato che le insidie emozionali gli scivolassero al fianco del lettino. Questo è l’uomo che ha tacitato l’insofferenza popolare, ha rimescolato l’umore, ha riaperto Napoli alla speranza: e mica basta un fisico bestiale per sentirsi, nel suo piccolo, un «controrivoluzionario», il bomber che ci ha messo la testa e pure la faccia per frenare il dissenso e spalancarsi ancora al campionato! Si scrive Milik e si ondeggia in quel cupo silenzio di nove mesi (quattro più cinque) in cui il dolore ha soffocato la felicità, ricostruendo non solo i legamenti ma il clima di diffidenza dell’estate del 2016, quella del «carneade» scovato nell’Ajax (l’Ajax, ex…!) per offrirgli l’eredità di Higuain.