La fontana della Cibeles, custode dei mille trionfi Real, zampilla sotto a una luce magnifica. Quante volte ha dovuto vederla vestita a festa. Una tortura da sempre, per il signor Miguel Reina da Cordoba. Quando lascia l’amata Andalusia per raggiungere la Capitale, si aggira sempre in questi pochi metri. Qualcuno lo riconosce, del resto è uno dei più grandi portieri della storia di Spagna, leggenda più dell’Atletico che del Barcellona.
Qua e là gli chiedono pure dell’altro figlio che ha preso casa in Italia, oggi a Napoli e domani a Milano. Pepe indossa i guanti grazie anche al modello ammirato in famiglia. Oggi Reina senior è un simpatico signore di 72 anni. Col sorriso vispo uguale al portiere azzurro e la battuta pronta.
Soprattutto se si parla di Champions: «Peccato per il mio Atletico e per il Napoli di Pepe: sarebbero state poderosi anche in Coppa. E allora ci resta Juve-Real, non proprio le squadre più amate in famiglia. Ho il cuore diviso, ma al contrario…». Sì, perché di questo incrocio Italia-Spagna si è discusso parecchio in casa Reina. «Sono i nostri incubi. Non è una polemica, ma un dato di fatto. Il Madrid e la Juve ci hanno tolto tanti titoli. Sono squadre simili, potenti e vincenti. Quello che per me era il Real, è per Pepe la Juve. Il gigante che si mette in mezzo quando sei a un passo dalla festa».
A Miguel piace più la simbologia del match, l’emozione sul filo dei ricordi di famiglia: «Che grande avversario è stato il Real in tutta la mia vita e anche questa Juve è un osso durissimo per un grande Napoli. Parliamo di me: per una cosa o per l’altra, per un rigore o per un gol beffardo, non sono riuscito a vincere la Liga contro di loro in otto anni al Barça…». Dopo sì, nel 1976-77 riuscì a beffare almeno una volta gli arci-rivali in maglia Atletico: «Una gioia così, unica e quindi ancora più bella, la merita pure mio figlio: stanno abbattendo tutti i record, cosa devono fare di più? Andrò a vedere l’ultima di Pepe al San Paolo».
La Gazzetta dello Sport