Philippe Vilain, scrittore francese (tra i suoi libri «La moglie infedele» e «La ragazza dalla macchina rossa»), racconta l’amore in tutte le sue forme.
E a Napoli ha scoperto anche quello per la squadra di Sarri che sogna lo scudetto. «È stato un momento magico e profondamente emozionante visitare da solo lo stadio San Paolo, scendere in campo e recarmi negli spogliatoi. Ho cercato in quei momenti di ricordarmi di Maradona. Mi dicevo: è qui che la storia del Napoli è stata scritta, in quel gol che Maradona segnò alla Juve», dice Vilain, che ha posato davanti alla scritta che campeggia nello stanzone: «Cazzimma, grinta & passione: il Napoli».
Quando nasce il suo amore per Napoli?
«Ho avuto un colpo di fulmine per la città nel 94. Mi sono sentito immediatamente a casa. Questo sentimento non si è mai affievolito. Mi sento napoletano nell’animo. Napoli mi affascina per la sua cultura, il suo calore, la sua luminosità particolare e la sua effervescenza. Apprezzo molto la semplicità dei napoletani, soprattutto quando ti adottano».
E la passione per il calcio?
«Amo il Paris Saint Germain dall’80 e gli sono rimasto fedele. Ho scoperto il Napoli quando le partite del Napoli di Maradona erano trasmesse in Francia. Mi ricordo dei grandi confronti Napoli-Juve e Maradona-Platini: due maestri del gioco».
Cosa pensa del gioco di Sarri, di questa bellezza che secondo taluni contrasta con la concretezza del risultato?
«Il gioco di Sarri è virtuoso, fatto di movimenti collettivi e possesso palla, che è quanto di più difficile a prodursi nel calcio. Sarri propone incontestabilmente il più bel calcio d’Italia. Ha impresso uno stile al Napoli. È un formidabile idealista e teorico. Vincere senza stile e senza produrre emozioni non presenta, ai miei occhi, alcun interesse. Nel calcio attuale molte squadre vanno avanti insultando il calcio».
La bellezza non vince sempre?
«Il Barcellona ha vinto titoli facendo un bel gioco. Tutto dipende da ciò che si intende per vincere. La nozione di vittoria è relativa: finire il campionato al secondo posto praticando un gioco offensivo è già di per sé una vittoria. Il Napoli è la vittoria del movimento armonioso, del gesto e dell’emozione. Cosa resterà di questo campionato? Non che la Juventus vinca senza fare un bel gioco, ma che il Napoli abbia prodotto il migliore calcio. Il bello è di per sé una memoria superiore. Il bello è indimenticabile».
Lei scrive di amore: cos’è l’amore per una squadra?
«Si ama la propria squadra come bisogna amare il prossimo, manifestando un sostegno e una fedeltà inattaccabili nei momenti difficili. Amare la propria squadra è anche rispettarla, non nuocerle, essere all’altezza: significa quindi anche non insultare gli avversari».
Cosa è ancora Maradona per Napoli?
«Diego, il calciatore più geniale di tutti i tempi, resta un mito per il Napoli e per Napoli. Ha riabilitato l’immagine negativa della città, dandole una visibilità più grande e designandola come un esempio da seguire. In qualche modo ha mostrato la via del successo al popolo napoletano».
Nel Napoli ci sono tre calciatori nati in Francia (Ghoulam, Koulibaly e Ounas) che hanno scelto di giocare nelle nazionali di Algeria e Senegal: cosa pensa della loro scelta?
«I giocatori che hanno doppia nazionalità devono effettuare delle scelte difficili, divisi tra il cuore e la ragione. Io preferisco sempre che la scelta provenga dal cuore».
Il Napoli riuscirà a vincere lo scudetto?
«Lo spero senza crederci troppo. Sono lucido e dico che ci vorrebbe un miracolo. Non credo che la Juventus venga meno ora. Alla lunga, per vincere un campionato al Napoli manca una base più atletica, un centro più potente e un punto di percussione davanti, oltre ad una profondità della rosa. Si ha talvolta la sensazione che il gioco del Napoli stagni, per mancanza di potenza. Una vittoria dello scudetto, per il gioco, costituirebbe la migliore ricompensa per il popolo napoletano: far trionfare il bello sarebbe un riflettore formidabile su una città non molto apprezzata».
La sua idea su De Laurentiis?
«Il lavoro del presidente non può che essere elogiato, da quando ha preso in mano il Napoli quasi quattordici anni fa. Ha consolidato la squadra facendo progredire le sue strutture e dandole un’identità, soprattutto per la scelta degli allenatori e una qualità di gioco riconosciuta. Ma il Napoli aspetta che De Laurentiis reinvesta in qualche giocatore più importante per riconquistare lo scudetto».
Fonte: Il Mattino