Valerio Cuomo (spadista): “La mia sfida è vincere senza palestra”

Il figlio di Sandro Cuomo ha due passioni la scherma e il Napoli

Valerio Cuomo (spadista): “La mia sfida è vincere senza palestra”

Aveva ragione il presidente della Carpisa Napoli Basket Mario Maione che, all’indomani della vittoria della Coppa Italia, disse: «A Napoli vincere è più difficile ma è anche più bello». Valerio Cuomo, intervistato da “il Mattino” ha tutta la forza dei suoi venti anni e da più di un anno è costretto a rinunciare alla sua palestra, quella del Collana, per cullare il sogno olimpico. Eppure le vittorie arrivano. L’ultima in ordine di tempo, il titolo italiano Under 23 di spada. Il prossimo 1 aprile il bersaglio sono i mondiali Giovani di Verona. In caso di vittoria la dedica andrebbe un po’ alla palestra di Torino che lo ospita, un po’ a quella di Roma, un po’ al Virgiliano, un po’ al giardino di casa sua. Certo non alla sala del Collana.

Come vive questa situazione? «La vicenda della palestra è il simbolo di come non siamo capaci di affrontare le situazioni sportive in questa città. Parliamo di Universiadi, Olimpiadi, e poi non siamo in grado di trattenere gli atleti che quelle manifestazioni devono vincere. Sono convinto che la situazione prima o poi si risolverà, ma la realtà è che io da due anni e mezzo mi alleno in strada».

Ha mai pensato di allenarsi sotto un palazzo istituzionale? «Sì, però sono in una fase di preparazione talmente intensa che non posso perdere tempo».

Trasferirsi dove? «Sono un atleta della Polizia, Roma è un po’ casa mia. Poi ho tanti amici in altre parti d’Italia. Ma perché dovrei farlo? La forza di un atleta vincente è anche creare una squadra nel suo club con i suoi amici, i suoi compagni di allenamento. Fino a ora tiravo con amici come Fabrizio Citro, già a Rio de Janeiro come sparring partner della squadra azzurra, oppure Giacomo Corrado, Gennaro Vitelli, Amodio Maisto, campione italiano allievi. La nostra palestra era una famiglia. Ora questa diaspora ha reso tutto più difficile. Per non parlare dell’equipaggiamento tecnico e della manutenzione costante che effettuo un po’ a casa un po’ quando vado ai raduni della Nazionale».

Si è fatta un’idea delle responsabilità? «No, e non mi interessa. Io voglio solo gareggiare e so che me lo stanno impedendo. A me come tanti altri».

Rabbia in più da scaricare sul Mondiale? «Certo, anche se questo mondiale lo affronto come una tappa, non come un obiettivo. E una sensazione in più studiata anche con Gigi Mazzone, il mental coach della Nazionale».

L’obiettivo qual è? «Continuare la mia costruzione di uomo ed atleta».

E il sogno? «Quello di potermi guardare un giorno indietro vedendo la strada fatta senza rinunciare a me stesso, le mie passioni».

Quali sono? «Il calcio e il Napoli di cui sono grande tifoso, la vela per la quale mi diletto a fare da allenatore d’estate a Ventotene, la moto. Sono un grande fan di Valentino Rossi e con i soldi del podio mondiale ho comprato una Ktm Duke 690».

E con quelli del prossimo? «Magari li conservo o mi faccio la barca, un laser».

E le Olimpiadi? «Certo, per uno sportivo arrivano prima di tutto. Ma c’è tempo. Una tappa per volta. Poi mi sono iscritto all’Università: Scienza dell’Investigazione alla Vanvitelli. Un triennio che poi mi permette anche di accedere agli studi per la laurea in Giurisprudenza». 

Scienza dell’Investigazione? «Mi intriga l’aspetto informatico che la legislatura giocoforza deve sempre inseguire. In Polizia l’aspetto investigativo è fondamentale».

E cercando, cercando, la trova una palestra? «Mi fido di mio padre, anche se mi rendo conto che a Napoli non ti aiutano e proprio per questo gli atleti sono costretti ad andar via».

La Redazione

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