B. Savoldi: “Higuain? Senza il Napoli ha più soluzioni in zona gol”
Quando il gol aveva (soprattutto) un nome e un cognome, Beppe Savoldi, intervistato dal Corriere dello Sport, sapeva cosa inventarsi: «Bastava che la mettevano in mezzo». Poi c’era sempre qualcuno, e cioè lui, che si sarebbe avvitato su se stesso, si sarebbe inventato una contorsione o, decollando, si sarebbe spinto tra le nuvole. Mica era calcio in bianco & nero, quello: il gol ha avuto sempre colori sgargianti e Savoldi, a Napoli, ne ha fatti 15 su 40 nel primo campionato, 16 su 37 nel secondo, 16 su 35 nel terzo e 9 su 23 nel quarto.
Segnava (quasi) sempre lei… «Mi veniva facile e anche bene. Si giocava molto per me: ricordo i cross di Massa, quelli di Capone. E un gioco finalizzato per arrivare al sottoscritto».
Cosa è rimasto, cosa è cambiato? «Ci sono le differenze e le analogie, è rimasto immutato la forza del talento o, meglio, del fuoriclasse: chi ha avuto Maradona, chi ora ha Messi e Cristiano Ronaldo, parte dall’1-0. Questi sono fenomeni capaci di vincerle da sole e il modulo viene largamente dopo questi fuoriclasse».
Va a finire che gli schemi non contano. «Con certe geni, succede. E quando non li hai, vale l’organizzazione, la varietà delle interpretazioni, la capacità di stupire: il Napoli è uno spettacolo, ad esempio».
Nel Napoli segnano tutti. «Il paradosso sa qual è? Che prima c’era Higuain e segnava soprattutto lui. Individualista, accentratore: ma non si arriva a 36 gol se non hai l’istinto. La sua partenza ha liberato gli altri, gli ha sottratto la responsabilità di dargli il pallone per evitare che si arrabbiasse, come si vedeva. E poi Sarri ci ha messo del suo, lavorando sui singoli, plasmandoli. Ora il tridente si esalta e i centrocampisti vanno negli spazi; sugli angoli e le punizioni, quando è possibile, ci pensano i difensori».
Il suo centravanti tipo che forma ha, se ce n’è una? «Io penso che mi divertirei anche in questo Napoli e probabilmente segnerei anche parecchio. L’evoluzione è evidente, prima, ai miei tempi, esisteva un attaccante di riferimento, ma erano organici più ridotti e anche strategie meno ampie di quelle attuali».
Non sono passati invano questi quarant’anni. «Io mi divertivo anche in quell’epoca. Ma novità ne sono emerse, anche a livello tattico, atletico. Gli innovatori hanno inciso e Sarri è tra questi».
La Redazione