Arrigo Sacchi durante il Forum Gazzetta. «L’idea è alla base di ogni progetto. Nel calcio, nella politica, nell’industria. Nella vita. Ovunque».
Quattro o cinque cose che lei farebbe subito per dare una spinta al movimento.
«La prima: le Academies. Tutti i club professionisti devono creare le “accademie” e dare i giocatori per 16-18 ore la settimana agli istruttori federali. Ecco il primo passo. Il secondo gradino: la Federcalcio deve creare dei formatori attraverso il Supercorso di Coverciano. Terzo punto: ci deve essere un protocollo di lavoro comune a tutti i settori giovanili, come esiste in Germania dove, dopo il 2000, si sono dati una mossa e sono tornati grandi. Quarto passo, decisivo: la creazione di centri federali dove i giovani possano formarsi e, di conseguenza, migliorare. Il tutto, sia ben chiaro, con un’idea forte: il pallone dev’essere sempre al centro del progetto».
La bellezza sta anche nella capacità di soffrire, di difendere il risultato. Non crede?
«Io, quando soffro, sto male e non mi diverto. Non so voi, ma a me capita così. Ho sempre desiderato, con le mie squadre, essere padrone del campo e del gioco. Quando consigliai a Berlusconi di prendere Sarri gli dissi: “E’ venuto a San Siro e con l’Empoli ha dominato. Con l’Empoli, mi sono spiegato?”. Il suo Napoli mi diverte, mi affascina».
Già, però sta dietro alla Juve.
«La Juve è straordinaria per carattere, per forza fisica, per determinazione. E anche per la storia e per la cultura che appartengono a quel club da più di un secolo. Contro il Tottenham hanno fatto un capolavoro, e in Champions possono andare avanti parecchio. Considero Allegri un maestro che ha elevato il tatticismo al massimo livello. Bravo, però si è dimenticato della bellezza, dell’armonia, della musica che deve suonare una squadra di calcio».
Ci sono, in Italia, allenatori-maestri?
«Ci sono allenatori che si giocano la partita e mi piacciono. Penso a Sarri, ovviamente, a Gasperini, a Giampaolo. A Di Francesco che, pur tra mille difficoltà, sta cercando di creare qualcosa d’importante in un ambiente delicato come Roma. E guardo con interesse quello che stanno facendo Zenga a Crotone e De Zerbi a Benevento».