Il ritiro, lo stop, la parola fine. Una vocina che ti dice che bisogna appendere al chiodo qualcosa per cui hai dato tutto te stesso. E’ stato così anche per Diego Occhiuzzi, atleta dal palmares infinito, il signore della scherma italiana, un napoletano vincente. Alla vocina non puoi dire di no. Puoi far finta di non ascoltarla, ma contro di lei, prima o poi perdi… Anche se non ci sei abituato.
Che effetto fa dare l’addio alla scherma? «In questo anno e mezzo ho parlato molto poco. Ho ascoltato. L’addio di Totti, le parole di Buffon, le confidenze di Oliva. Da tutti ho carpito il messaggio che quando quella vocina comincia a roderti dentro c’è poco da fare. Prima o poi vince lei».
A 37 anni anche il fisico potrebbe non reggere più lo stress di una attività agonistica intensa? «Assolutamente no. Sono consapevole che se allenato bene potrei ancora raggiungere grandi traguardi. Il problema è la testa».
Quando ha sentito la lampadina accendersi? «Dopo Rio le prime avvisaglie ma non volevo ascoltarle. Dopo la gara di coppa del mondo a Padova la certezza».
E ora? «L’ultima gara sarà il campionato italiano di Milano di giugno poi l’addio».
Totti ha avuto la standing ovation all’Olimpico, lei nel salone d’onore del Coni. «È stato bello e commovente. Ero a Roma per annunciare la mia scelta al presidente del Coni Malagò, al presidente della federazione Scarso e al colonnello Loiudice dell’Aeronautica, la mia seconda famiglia che non smetterò mai di ringraziare. C’era la presentazione del mondiale cadetti e giovani. A sorpresa Scarso ha chiamato tutti a tributarmi un applauso. È stato orgogliosamente bello».
Tre flashback della sua vita sportiva. «Avevo sei anni quando Claudio Ormanni, il mio primo maestro, venne a scuola e mi portò sulle pedane del Posillipo. Lo ricordo come fosse oggi. Poi il terzo campionato italiano di fila vinto da bambino a Roma e le medaglie olimpiche di Londra, consacrazione sportiva individuale nonostante abbia vinto più di quaranta gare di coppa del mondo e ne abbia fallito la vittoria di una per pochissimo».
Progetti? «Sarò sempre a disposizione di Coni, Federazione e Aeronautica. Con il mio gruppo sportivo, per il quale continuerò a gareggiare, vorrei creare nella mia palestra, un centro giovanile. Oggi abbiamo 400 bambini, sarebbe bellissimo aumentarne il numero perché è dallo sport e dalla scuola che nasce tutto».
C’è un piccolo Occhiuzzi sulle pedane italiane? «La sciabola napoletana ha espresso tanti talenti. Mi hanno fatto piacere le parole di Michele Gallo – Club scherma Salerno ndr – che ha visto in me un modo di tirare particolare fatto di istinto forza e furbizia».
Ora il sogno è portare un suo allievo alle Olimpiadi? «Come ha fatto Leonardo Caserta con me, mi piacerebbe ma queste sono cose alle quali si arriva per gradi».
Magari una delle sue figlie. «Aurora ha quattro anni, Desirée pochi mesi. La prima vuole già tirare di scherma. Saranno tutte a Milano, assieme a mia moglie».
Paura? «Tanta. Ma come con la scherma, mi butto a capofitto. Se sono bravo riuscirò e avrò accanto la mia Napoli e la mia seconda famiglia sportiva a sostenermi».
Fonte: Il Mattino