Riccardo Muni – Quelle strane contraddizioni

È inutile negare che la fuga della Juventus in testa alla classifica abbia destabilizzato l’ambiente napoletano, gettando nello sconforto i tifosi azzurri. Al di là della divisione tra possibilisti e pessimisti, Napoli sa bene che, allo stato attuale, ci vorrebbe un miracolo. Alla vigilia del match casalingo contro i nostri fratelli genoani, poche sono le riflessioni che è possibile fare. L’unico spunto degno di nota lo ha già espresso Maurizio Sarri che avrebbe consigliato ai suoi boys, stando a quello che scrivono i giornali, di non guardare alla nuova capolista del campionato che potrebbe, con ogni probabilità, salire momentaneamente a sette punti di vantaggio, giocando ventiquattro ore prima del Napoli. E soprattutto non guardare la partita dei bianconeri in casa della SPAL. Testa solo al Genoa, quindi, con l’unico obiettivo di tornare alla vittoria, dopo centottanta minuti di astinenza. Allora diamo spazio ad altri pensieri che, sebbene riguardino il mondo del pallone, non coinvolgono i fatti accaduti nel rettangolo verde. Il primo pensiero va alla memoria di Luigi Necco, voce delle gesta del più bel Napoli di sempre, quello dei due scudetti e della coppa Uefa. Luigi Necco era una delle massime espressioni di un mondo calcistico più gentile ed educato, che sapeva applaudire all’avversario se era più bravo e più forte. Un mondo in cui regnavano tutto il calcio minuto per minuto alla radio e novantesimo minuto in televisione, sportività e signorilità, ironia ed eleganza. Un mondo diametralmente opposto a quello del ventunesimo secolo, in cui la fanno da padroni soldi e diritti televisivi, prepotenza e irriverenza, maleducazione e cattivo gusto. Tutto questo, non può che aumentare la nostalgia per quei bei tempi che furono e che hanno visto il caro Luigi Necco, voce narrante che resterà nei dolci ricordi e nel cuore di ogni tifoso napoletano. Ci mancherai caro Luigi ma se Napoli chiamerà, ci sembrerà che Luigi Necco risponde. Da un paio di settimane, un’aria funesta si è abbattuta sul nostro calcio con la scomparsa improvvisa di Davide Astori, capitano della Fiorentina, a cui tutto il paese ha reso omaggio, andando ovviamente oltre i colori delle maglie e delle bandiere. Chi ha saputo mettersi in evidenza, è stato ancora una volta il pubblico dello Juventus Stadium, offrendo a tutta la nazione una nuova prova della propria inciviltà. Durante il minuto di silenzio per onorare la memoria di Astori, nel catino torinese si è levato l’ennesimo coro di incitamento al Vesuvio. I momenti di grande commozione che si sono vissuti su tutti i campi d’Italia, sono stati sporcati laddove i tifosi sembrano in preda a raptus di barbarie, laddove la civiltà sembra aver levato il disturbo da parecchio tempo. Eppure delle contraddizioni ci sono, perché la tifoseria multietnica della vecchia signora, da un lato pretende il sacrosanto rispetto per le vittime dell’Heysel e dall’altro passeggia sulla memoria delle vittime dell’incidente di Superga. E la contraddizione si rinnova invocando la morte di un popolo, proprio nel momento in cui tutt’Italia piange per la morte di un calciatore, un giovane uomo poco più che trentenne. In momenti come questo, vorrei poter mettere l’orologio indietro di trent’anni, quando i toni erano pacati e quando il diritto di parola e di opinione era appannaggio di pochi eletti, degni di tale privilegio.

Riccardo Muni
@riccardomuni
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